IL BRACCIO DESTRO DI FALCONE ”MAFIA INVESTE IN EDILIZIA, MA PER IMPRESE PESSIMO AFFARE”

di Filippo Tronca

12 Ottobre 2016 17:39

L'Aquila - Video

L'AQUILA – “La criminalità organizzata ha necessità di investire enormi quantità di denaro da ripulire, con la copertura di aziende solo in apparenza pulite. E l’edilizia è uno dei settori in cui agisce, in tutto il modo, e dunque si presume anche qui in Abruzzo nei cantieri della ricostruzione. Ma bisogna far capire che un imprenditore che si associa alla mafia, non ha nulla da guadagnare, e tutto da perdere”.

Ad affermarlo Angiolo Pellegrini,  generale dell’Arma dei Carabinieri, comandante della sezione antimafia di Palermo dal 1981 al 1985 al fianco del giudice Giovanni Falcone, assassinato il 23 maggio 1992 con la moglie Francesca Morvillo e tre uomini della scorta nella strage di Capaci per opera di Cosa Nostra. Come uomo di fiducia del pool antimafia palermitano, Pellegrini ha portato a compimento le più importanti indagini nei confronti di Cosa Nostra. Oggi in generale ha preso parte a L’Aquila al “Convegno per la legalità”, organizzato dal Sdl Centrostudi, con il patrocinio del Comune dell’Aquila.

Presentando anche il suo libro “Noi gli Uomini di Falcone, la guerra che ci impedirono di vincere”.

Temi che sono stati trattati sono stati il debito pubblico e signoraggio, la legalità bancaria e l’usura. Hanno partecipato padre Quirino Salomone, frate francescano ex rettore della basilica di Collemaggio a L’Aquila,  l’avvocato Biagio Riccio, Pietro Calabrò, presidente Sdl Centrostudi ed ex magistrato.





Il capitano Pellegrini nel gennaio 1981 assunse il comando della sezione Anticrimine dell'Arma dei carabinieri, mettendo insieme una squadra di fedelissimi – la banda del “capitano Billy The Kid”,  guadagnandosi l'amicizia e la stima del magistrato Falcone, il capomafia  Totò Riina e Binnu Provenzano falcidiavano a colpi di kalashnikov le vecchie famiglie, carabinieri, polizia e magistrati si allearono in un'azione congiunta che culminò nel rapporto dei 162 e nell'estradizione di Tommaso Buscetta. Il maxi-processo poteva essere il colpo decisivo per Cosa nostra, ma Pellegrini nel libro racconta, non senza amarezza, come andò a finire.

“Si  è verificato – spiega nella nostra intervista – che mentre vincevamo la più importate battaglia contro Cosa nostra, ovviamente i nostri nemici fecero di tutto per metterci i bastono tra le ruote, bussando a quelle porte delle persone  che in passato avevano favorito, e di solito i favori vengono restituiti. Si verificano così una serie di circostanze che ci impedirono a portare avanti il nostro lavoro. Si indebolì le strutture investigative, con la mancata nomina di Falcone, trasferito a Roma, e poi l’eliminazione  e Borsellino che avevano portato avanti il grande processo”.

Pellegrini poi avverte che la criminalità è più potente che mai, soprattutto dal punto di vista finanziario. Ed è dunque scontato che provi a riciclare denaro sporco anche nei cantieri della ricostruzione.   

“Per esperienza personale a Palermo, negli anni ottanta si valutò l’introito dal traffico di eroina in 20 mila miliardi di lire, una cifra immensa, soldi che venivano riciclati con la complicità dei cosiddetti ‘colletti bianchi’ in particolare nel settore dell’edilizia. Il sacco di Palermo fu una gigantesca opera di riciclaggio di denaro della mafia,  in una notte sindaco Vito Ciancimino firmò 20 mila concessioni edilizie”.

Dopo trent’anni lo schema è sempre lo stesso, ed è per questo che altissima deve essere la guardia anche a presidio della ricostruzione post sismica aquilana.





“Non bastano i controlli e la repressione – spiega il generale Pellegrini – è fondamentale far comprendere che  legandosi a qualche mafioso, per un imprenditore magari in difficoltà, nel momento immediato possono esserci  benefici, ma poi lo svantaggio sarà assolto, perché quell’imprenditore perderà la sua azienda., perché la criminalità organizzata non ha nessun interesse alle sorti dell’impresa,  il suo unico interesse è usarla per riciclare denaro, e moltiplicare i suoi profitti illeciti”

Va poi diffuso tra i giovani, prosegue Pellegrini, “il senso della legalità. La televisione non ce l’insegna, ed è grave che la storia a scuola viene studiata fino al massimo alla seconda guerra mondiale e poco più.  E tanti giovani nulla vengono a sapere di quei tanti che hanno sacrificato la vita per la legalità e la giustizia in prima linea contro la mafia”.

Tra questi eroi appunto Giovanni Falcone

“Di Falcone – conclude Pellegrini – ho un ricordo eccezionale, era un investigatore nato, aveva un intuito straordinario, come straordinaria era la sua lucidità di analisi  e  capacità di sintesi. E non travalicava mai il suo ruolo di magistrato, aveva il coraggio di non rinviare a giudizio le persone su cui carico non c’erano prove sufficienti”.  

 

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