GRANDI RISCHI: MELANDRI, L’AVVOCATO ”SCOMODO” ”EDIFICI CROLLATI PER ERRORI PIU’ CHE PER IL SISMA”

di Alberto Orsini

14 Gennaio 2012 12:58

L'Aquila -

L’AQUILA – Marcello Melandri è di sicuro un avvocato delle difese “scomode”.

Tra i tanti suoi assistiti, l’ex direttore generale della Juventus Luciano Moggi nel processo Gea, l’ex direttore di Rai Fiction Agostino Saccà nell’inchiesta napoletana su Silvio Berlusconi, e perfino l’imprenditore che rideva nella notte del terremoto, Francesco Piscicelli.

Nell’ambito del processo alla commissione Grandi rischi il legale romano difende Enzo Boschi, per 12 anni presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, che con gli altri sei imputati si riunì all’Aquila il 31 marzo 2009, a una settimana dal sisma, e secondo la tesi della procura rassicurò gli aquilani.

Una difesa battagliera, quella di Melandri. Istrionico in aula, anche quando appare distratto e invece poi tira fuori un’opposizione a sorpresa, spesso polemico con gli altri avvocati, con i pm Fabio Picuti e Roberta D’Avolio e anche con il giudice Marco Billi.

Dopo le prime udienze del 2012, quasi al termine della carrellata di testimoni chiamati dall’accusa, AbruzzoWeb ha fatto il punto con lui sul processo alla Grandi rischi, “che comunque vada entrerà nella storia perché si discute sulla rilevanza giuridica dell’attendibilità scientifica della commissione”, spiega.

Un Melandri che, nel rispetto del ruolo, prova a portare acqua al suo mulino quando dice che anche in base alle deposizioni gli edifici sono crollati più per errori di progettazione e costruzione che per la violenza del sisma (la procura la pensa ovviamente in modo opposto) mentre assolve il sindaco Massimo Cialente, additato da familiari delle vittime di aver “scagionato” la Cgr con la sua deposizione: “È stato coerente”.

L’avvocato di Boschi, infine, ammette il coinvolgimento umano nel sentir parlare di storie terribili come quella del suo collega Maurizio Cora, anche se, conclude, “professionalmente” fa parte del suo lavoro, “altrimenti avremmo fatto i notai”.

Siamo quasi alla fine delle testimonianze dell’accusa. Che cosa ci hanno detto?

I testi identificabili come persone offese in senso lato, legate a persone decedute o ferite, chiaramente non hanno portato nulla di nuovo, anche perché potevano solo testimoniare su quelle vicende tristissime che hanno vissuto. Per quanto riguarda i testi sentiti in questi ultimi giorni, quelli tecnici, a mio avviso non hanno portato nulla che non fosse già conosciuto: in primis che i terremoti sono imprevedibili e, cosa più importante, tutti hanno detto che era notorio, e che quindi non ci sarebbe stato neanche bisogno di chiedercelo, che L’Aquila è stata, è e sarà una delle zone più sismiche d’Italia.

Le testimonianze tecniche, però, hanno fornito anche aspetti interessanti.





Abbiamo sentito consulenti per la materia ingegneristica che hanno fatto perizie per conto della procura negli altri processi relativi ai singoli crolli e a mio avviso hanno addirittura spezzato una grossa lancia in favore della difesa, perché hanno detto in maniera abbastanza chiara che solo l’un per cento di palazzi è crollato e quella percentuale è dovuta essenzialmente, se non esclusivamente, come penso sosterremo noi, alla progettazione o all’errata costruzione o una qualità insufficiente del cemento armato.

Per voi è più importante la concausa degli errori di costruzione, per l’accusa è stato decisivo il sisma…

È chiaro che se non ci fosse stato il terremoto i palazzi sarebbero ancora in piedi, ma la domanda che bisogna farsi è il contrario: se questi palazzi fossero stati costruiti diversamente? A cominciare dalla Casa dello studente, che ci è stato detto chiaramente che era a fianco di un palazzo gemello, costruito in maniera diversa ma con gli stessi materiali e più alto, che è rimasto in piedi. Prescindendo da tutte quelle che saranno le questioni giuridiche, penso se ne debba trarre una conclusione certamente favorevole comunque a tutti gli imputati.

Quanto al suo assistito, Enzo Boschi?

La posizione del professor Boschi è assolutamente e completamente diversa dagli altri. Non sapeva che ci sarebbe stata una conferenza stampa, non ha partecipato alla conferenza stampa, quando ha saputo l’esito della conferenza dai giornali per quello che io ricordo ha anche protestato: non mi pare che gli possa essere addebitata nessuna condotta in qualche modo collegabile con gli eventi che sono successi.

Sulla stampa la testimonianza del sindaco del capoluogo, Massimo Cialente, è stata interpretata come un punto a favore della difesa e ci sono state polemiche a non finire. Lei che ne pensa?

Poverino. Confesso che non ho capito neppure lo scalpore che ha suscitato perché a me è sembrata una persona estremamente sincera, che ha partecipato alla riunione e che in fondo si è limitato soltanto a dire che non ha interpretato in maniera tranquillizzante, come vogliono farci credere, quelle poche cose che erano state dette, in particolare quelle dette dal professor Boschi, il quale aveva detto probabilmente un terremoto di intensità seria, preoccupante, non succederà, ma non si può escludere. Soprattutto il sindaco ha detto una cosa importante, che il giorno dopo ha chiesto e ottenuto lo stato d’emergenza e addirittura chiuso le scuole. Cialente quindi è stato quantomeno coerente con quello che ha fatto. E poi non era una novità, in tutte le sue interviste e dichiarazioni aveva già detto che era stato tranquillizzato da quello che impropriamente diciamo essere stato l’esito della riunione.

Tanti altri aquilani però hanno testimoniato di essere stati tranquillizzati.

Dicono di sì ma sa, bisogna poi vedere se questa è una cosa che effettivamente è successa o non è successa e comunque questo non so come si possa obiettivamente provare, nei confronti di qualche componente in particolare e della commissione in generale.

Perché ha detto che si parla “impropriamente” di esito della riunione?

Qui gli imputati sono imputati perché partecipanti della commissione e alla commissione. E secondo la legge istitutiva della Cgr, tutto ciò che avviene all’interno non può uscire se non attraverso la Protezione civile. Non voglio che questa dichiarazione venga interpretata come un attacco al dipartimento, ma solo la Protezione civile in quanto tale può, e non deve, dire quale sia stato l’esito di una riunione della commissione Grandi rischi. I componenti sarebbero potuti arrivare a conclusioni teoriche che sarebbe stato bene nessuno conoscesse  e la Protezione civile avrebbe poi dovuto decidere, in quanto Dpc e non più in quanto Cgr, se queste conclusioni sarebbero dovute essere o meno pubblicizzate.





In una delle prime udienze durante un momento molto caldo lei ha affermato “Tanto questo processo è già deciso”: pensa a una sentenza già scritta?

No, non l’ho detto in questo senso. Ogni tanto faccio qualche battuta specialmente alle colleghe di parte civile, che sono tutte agitatissime. Sicuramente già il fatto che questo processo sia nato la dice lunga però, per fortuna, per questo come per tutti i processi è impossibile dire come finirà. Una cosa è sicura, è comunque un processo molto interessante e che, comunque vada, farà la storia giuridica di questo Paese. È la prima volta che si fa un discorso sulla rilevanza giuridica dell’attendibilità o meno di un organismo come la Cgr.

Sentir parlare in un processo di storie di terremoto che sensazioni le dà sul piano umano e professionale?

Umanamente è terribile. Sono morti colleghi che conoscevo mentre altri sono ancora in vita e sentire per esempio quello che poi nella realtà concreta è successo, come per il collega e amico Cora, che ha perso la moglie a fianco a lui e le figlie, sono cose che non si possono dimenticare. Professionalmente, però, questa è la cosa più bella di questo mestiere, altrimenti avremmo fatto i notai: a loro una cosa del genere sicuramente non capita.

IL PROCESSO

L’organo consultivo della presidenza del Consiglio è accusato di aver compiuto analisi superficiali e aver dato false rassicurazioni agli aquilani prima del 6 aprile 2009, causando la morte di 309 persone.

Dopo alcune schermaglie sull’ammissione di prove come i 2 minuti del film Draquila di Sabina Guzzanti, che alla fine sono stati proiettati in aula, nelle prime udienze davanti al giudice Marco Billi sono sfilati i testimoni chiamati dall’accusa, un primo gruppo delle quasi 300 persone chiamate in causa dai pm Fabio Picuti e Roberta D’Avolio.

Fino a oggi i testi, familiari e amici di vittime del sisma, hanno sottolineato che i loro congiunti, spaventati dalle scosse fino al 31 marzo di due anni fa, hanno poi cambiato atteggiamento dopo i tranquillizzanti messaggi diffusi dalla Grandi rischi dopo la riunione del 31 marzo 2009.

Una tesi rifiutata dalle difese, che annoverano principi del foro come gli avvocati Alfredo Biondi, ex ministro della Giustizia, o Marcello Melandri, già impegnato in processi come Fastweb e Gea. Tra gli avvocati di parte civile anche Giulia Bongiorno che, però, nelle prime udienze non ha partecipato di persona.

Gli imputati sono Franco Barberi, presidente vicario della commissione Grandi Rischi, Bernardo De Bernardinis (l’unico che fino a oggi è stato sempre presente in aula), già vice capo del settore tecnico del dipartimento di Protezione civile, Enzo Boschi, all’epoca presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, Giulio Selvaggi, direttore del Centro nazionale terremoti, Gian Michele Calvi, direttore di Eucentre e responsabile del progetto C.a.s.e., Claudio Eva, ordinario di fisica all’Università di Genova e Mauro Dolce, direttore dell’ufficio rischio sismico di Protezione civile.

I capi di imputazione per tutti sono di omicidio colposo, disastro colposo e lesioni personali colpose. Il giudice Billi ha imposto un ritmo veloce al processo con un’udienza a settimana. Le prossime udienze ci saranno tutti i mercoledì salvo diverse decisioni del giudice.

<span style='I PROTAGONISTI DEL PROCESSO GRANDI RISCHI
IL GIUDICE
Marco Billi
L’ACCUSA
Procuratore capo
Alfredo Rossini
Pubblico ministero Pubblico ministero
Fabio Picuti Roberta D’Avolio
LA DIFESA
Imputato Avvocato
Franco Barberi Francesco Petrelli
Bernardo De Bernardinis Filippo Dinacci
Enzo Boschi Marcello Melandri
Giulio Selvaggi Antonio Pallotta e Franco Coppi
Gian Michele Calvi Alessandra Stefano
Claudio Eva Alfredo Biondi
Mauro Dolce Filippo Dinacci
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