GRANDI RISCHI: IL TESTIMONE ZERO, ”MIO PADRE VITTIMA DELLO STATO”

22 Ottobre 2012 22:19

L'Aquila - Cronaca

L’AQUILA – “Fin da quando ero bambino, se all’Aquila c’era una scossa di terremoto, si scappava, non c’erano santi. Poi sono arrivati il 31 marzo 2009 e la commissione Grandi rischi. E tutto è cambiato”.

Guido Fioravanti ha gli occhi lucidi e la voce bassa, quando racconta come gli è cambiata la vita.

Quando, nascosto in fondo all’aula del tribunale del capoluogo, ascolta il pubblico ministero Fabio Picuti dire che, senza il suo racconto, questo processo alla commissione Grandi rischi forse non si sarebbe mai fatto.

Guido è il figlio di Claudio Fioravanti, avvocato e giudice tributario. “Un uomo delle istituzioni, un uomo che si fidava delle leggi e dello Stato”.





L’avvocato Fioravanti è tra le 309 vittime del sisma del 6 aprile: è morto nella sua casa in via Campo di Fossa, dietro alla Villa Comunale, venuta giù insieme a tante altre quella notte maledetta.

Se però “non fosse stato rassicurato dalla Cgr – dice oggi Guido – non sarebbe stato lì. Avrebbe lasciato casa e sarebbe andato sul camper, come facemmo quella notte che io avevo cinque anni ed ero malato: ci fu una scossa forte e i miei non ci pensarono due volte a prendermi e portarmi fuori di casa. Dormimmo nel camper e solo dopo tre notti rientrammo a casa”.

Guido è stato citato dal pm nella sua replica, prima che il giudice Marco Billi si chiudesse in camera di consiglio e ne uscisse condannando a 6 anni di reclusione tutti gli imputati.

“Noi crediamo alle persone offese – ha detto il titolare dell’accusa – Questo processo nasce perché è venuto da me Guido Fioravanti e mi ha detto: ‘mio padre è morto perché ha creduto allo Stato’. Questo è il punto di partenza”. Il testimone-zero.

“Ma in realtà – corregge Guido – è da più lontano che bisogna partire. Bisogna partite da quelle scosse che non finivamo mai, dalla preoccupazione della gente, dalle parole di Giuliani che continuava a metterci in guardia e poi fu messo al bando da tutti. È da lì che bisogna partite per capire l’aspettativa che c’era per la commissione”.





Guido ricorda che in quei giorni, con il padre, non si parlava d’altro. “In studio, a casa, a cena. Poi un giorno eravamo in tribunale, io e lui, incontrammo un ragazzo che faceva le pulizie che ci disse ‘attenti che ora arriva la scossa grande'”.

“Mio padre – racconta con amarezza Guido – lo liquidò in due parole e poi mi disse: ‘figurati se dobbiamo dare retta a questo che si basa sulle previsioni di Giuliani, quando invece abbiamo avuto rassicurazioni dagli scienziati della Grandi rischi”.

Guido ripete alla noia che non è stato “un processo alla scienza”, ma “a quel che ha detto la scienza”: che “ha mutato in noi aquilani l’approccio al terremoto”.

Quella notte, Guido si sentì con la madre verso le 23, subito dopo la prima scossa.

“Mi ricordo la paura che usciva dalle sue parole. In altri tempi sarebbero scappati ma quella notte, assieme a mio padre, si sono ripetuti quello che avevano sentito. E sono rimasti li”.

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