AVVOCATO DELLA VIGNA, ''CONDANNATO DE BERNARDINIS, GOVERNO RESPONSABILE''. SOLIDARIETA' ANCHE DA PARENTI VITTIME RIGOPIANO

GRANDI RISCHI: BATTAGLIA LEGALE SUI RISARCIMENTI, ”NULLA E’ DOVUTO INDIETRO”

7 Maggio 2017 21:48

L'Aquila -

L'AQUILA – “Non solo i familiari delle vittime non devono restituire le provvisionali allo Stato, ma a nostro avviso la Presidenza del Consiglio deve riconoscere l'intero risarcimento dei danni stabilito dai giudici di primo grado. E ci batteremo per questo”.

A parlare è l'avvocato Wania Della Vigna, con il marito Guido Felice De Luca legale dei parenti di alcune vittime nel terremoto che devastò L'Aquila il 6 aprile 2009.

Una risposta quella dei due legali, argomentata in una nota legale inviata il 5 maggio alla Presidenza del Consiglio e al dipartimento della Protezione civile, che smonta la citazione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei ministri ai parenti delle vittime, mirata a riavere indietro gli oltre 8 milioni di euro di risarcimento, che gli furono riconosciuti al termine del processo di primo grado sulla Commissione grandi Rischi.

Sentenza di condanna a cui hanno fatto però seguito due sentenze successive, prima della Corte d'appello e poi della Cassazione, che hanno ribaltatato il verdetto e assolvendo tutti gli imputati, tranne uno, Bernardo De Bernardinis, vice capo della Protezione civile, almeno relativamente a parte dei capi di imputazione.

Ed è proprio questa unica condanna che inchioda per Della Vigna e De Luca, la Presidenza del Conslgio alle sue responsabilità e all’obbligo, lungi dal richiedere indietro la parte di risarcimento già versato, a corrispondere tutto quello che è ancora dovuto.

La contromossa dei due legali è solo la prima azione di una controffensiva a cui si preparano tutti gli altri parenti della vittime, che si preparano ad una dura battaglia nelle aule giudiziarie. 

Ad esprimere intanto indignazione per la richiesta di restituzioe dei risarcimenti,  anche i parenti delle vittime della tragedia di Rigopiano, il segretario nazionale di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni, il parlamentare di Mdp Gianni Melilla, ed anche il Pd aquilano.

CRONOSTORIA DI UN RISARCIMENTO

Nel marzo 2015 la Protezione civile nazionale richiese ai familiari di alcune vittime del terremoto che devastò L'Aquila il 6 aprile 2009, costituitisi parte civile, la restituzione di parte delle somme risarcitorie “provvisionali” decise dal giudice con la condanna in primo grado dei componenti della Commissione Grandi rischi.

Era la conseguenza del verdetto in Appello, datato 10 novembre 2014, che riformò la sentenza del 22 ottobre 2012 cancellando la condanna per sei esperti della Grandi Rischi e riducendo la pena per De Bernardinis, vice capo dipartimento Protezione civile all'epoca del sisma. Verdetto poi confermato in Cassazione il 20 novembre 2015.





“Si invita e si diffida – recitava l'atto – alla restituzione delle somme percepite e a corrispondere senza indugio, entro 30 giorni dal ricevimento della presente”.

I legali difensori delle famiglie, negli anni, hanno risposto con analoga istanza, chiedendo il risarcimento totale del danno, visto che la provvisionale è al massimo del 40%, con la minaccia di agire civilmente qualora lo Stato non ottemperasse.

Dal canto suo, la Presidenza del Consiglio dei ministri, vista la mancata risposta alla diffida, che aveva valore di messa in mora, e a successivi solleciti, si è rivolta al Tribunale dell'Aquila per recuperare le somme. Ad alcuni familiari sono quindi arrivate in questi giorni citazioni in giudizio per le quali sono già state fissate le udienze. Complessivamente sono circa 2,5 i milioni richiesti alle famiglie che avevano incassato la provvisionale.

Alle reazioni polemiche scaturite il 28 marzo 2015 con la richiesta alle famiglie seguì subito una nota della Protezione civile: “Lo Stato non sta battendo cassa, ma semplicemente applicando la sentenza rispettando i tempi indicati”.

E l'allora capo Dipartimento Franco Gabrielli – che fu prefetto dell'Aquila durante l'emergenza sisma nel 2009 – commentò, lo stesso 28 marzo: “Ogni azione è stata intrapresa sulla base del conforme parere dell'Avvocatura Generale dello Stato, alla quale dubito si possano insegnare le argomentazioni giuridiche”. I solleciti della Presidenza del Consiglio successivi alla prima messa in mora del marzo 2015 sono stati inviati anche di recente attraverso la Protezione Civile ora guidata da Fabrizio Curcio.

I LEGALI: ''NULLA VA RESTITUITO!”

 Si annuncia serrata la battaglia legale a livello civile, contro questa richiesta.

A fare da apripista la nota inviata dagli avvocati De Luca e Della Vigna, che difendono alcuni familairi delle vittime.

In un atto di costituzione in mora inviato il 5 maggio alla Presidenza del consiglio e al Dipartimetnto della Protezione civile, si ricorda che il loro assistito, morto la notte del 6 aprile sotto le macerie della Casa dello Studente, “è stato indotto a restare nell'edifico per effetto esclusivo del condizionamento e quindi rassicurato dalla comunicazione rassicurante sulla valutazione del rischio sismico diffida nei giorni precedenti attraverso i mezzi di comunicazione di massa da parte del vice capo della Protezione civile Bernardo De Bernardinis”.

Si ricorda poi che la legge istitutiva della Protezione civile e successive integrazioni, prevede che è il presidente del Consiglio, o su sua delega, un ministro o un sottosegretario, ad avere “la responsabilità per i conseguimento delle finalità di Protezione civile”.

Ne consegue che i profili di responsabilità che fanno seguito alla condanna di De Bernardinis confermata dalla Corte di Cassazione “vanno individuati in capo alla presidenza del Consiglio”.





Infatti “gi atti illeciti dei funzionari o dipendenti, della pubblica amministrazione che abbiano agito nella sfera delle attribuzioni proprie dell'ufficio comportano la responsabilità diretta della pubblica amministrazione”.

Si diffida pertanto “formalmente la presidenza del consiglio dei ministri a provvedere all'integrale risarcimento di tutti i danni patrimoniali e non, subiti dai miei assistiti”.

Le somme già versate “vengono trattenute a titolo di acconto sulla maggior somma ancora dovuta a soddisfacimento del diritto risarcitorio”.

“Dove non c'è stato un reato non è detto non ci sia danno civile”, spiega poi Della Vigna, ricordando che proprio la Presidenza del consiglio, dopo il primo grado, chiamò le famiglie per versare le provvisionali. Tra i punti di opposizione citati nella messa in mora, spiega l'avvocato, si richiama un principio della Cassazione in base al quale “il giudicato di assoluzione ha effetto preclusivo nel giudizio civile solo quando contenga un effettivo e specifico accertamento circa l'insussistenza del fatto o della partecipazione dell'imputato e non anche quando l'assoluzione sia determinata dall'accertamento dell'insussistenza di sufficienti elementi di prova circa la commissione del fatto o l'attribuibilità di esso all'imputato”.

LE REAZIONI

“Il governo alla fine chiede indietro i risarcimenti alle famiglie delle vittime del terremoto di L'Aquila del 2009. Assurdo”. Lo scrive su Facebook il segretario nazionale di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni. “Il fatto è semplice – prosegue il segretario di SI – in primo grado il processo aveva condannato i tecnici e lo Stato a risarcire le vittime. Poi gli altri due gradi di giudizio hanno ribaltato la sentenza e eliminato le richieste della parte civile. E ora lo Stato cita in giudizio le famiglie delle vittime per chiedere indietro i risarcimenti. Lo ripeto: assurdo. Mancano del tutto di sensibilità umana. Oltre al danno di non mettere mai un euro per la prevenzione – conclude Fratoianni – pure la beffa degli schiaffi in faccia quando i disastri capitano. E' ora che Gentiloni intervenga e trovi una soluzione”.

Interviene anche il deputato abruzzese Gianni Melilla (Mdp) che con un'interrogazione chiede a Gentiloni “se non ritenga doveroso sospendere le richieste di restituzione delle somme versate” “per evidenti ragioni istituzionali, di ragionevolezza e anche di umanità nei confronti di persone duramente colpite dalla morte dei loro cari”.

“Lo Stato che chiede indietro i risarcimenti riconosciuti ai parenti delle vittime, lo Stato che arriva a citarli in giudizio aggiungendo dolore a dolore. Crediamo che ci siano francamente tutte le condizioni per affermare che si sia passato il segno”. E' quanto dichiarano, in una nota, il segretario Pd dell'Aquila, Stefano Albano, e il capogruppo Pd in Consiglio comunale del capoluogo abruzzese, Tonino De Paolis. “All'errore va posta una soluzione politica – proseguono – per questo chiediamo, a nome del Pd aquilano, un intervento diretto del presidente del Consiglio. Se le fredde istanze giuridiche hanno potuto produrre un mostro del genere, spetta al buon senso, all'autorevolezza e alla capacità di mediazione della politica porvi rimedio”.

Infine si registra la solidarietà del 'Comitato Vittime di Rigopiano, che hanno perso i loro cari nella tragedia del 29 gennaio dove a seguito di una valanga fu distrutto un hotel nel comune di Farindola (Pescara), sotto le cui macerie sono morte 29 persone. Anche in questo caso è stata aperta un’inchiesta per disastro colposo, che vede imputate sei persone.

“Esprimiamo la piena solidarietà e il pieno sostegno – si legge in una nota del comitato – anche loro, come noi – si legge – sono vittime di uno Stato assente, insensibile e cieco nei confronti di quelle famiglie che si sono viste privare già degli affetti dei propri cari, e adesso si vedono chiamate a restituire quell'ormai piccola e insignificante consolazione che hanno ricevuto. Insieme a loro, siamo profondamente indignati per quanto uno Stato sia in grado di abbandonare coloro che sono vittime dell'incompetenza dello Stato stesso”.

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