FUMETTI: FRANCESCO ARTIBANI, UOMO DELLE STORIE ”E’ CERTO, IL FENOMENO PK TORNERA’ IN EDICOLA”

di Alberto Orsini

29 Ottobre 2013 08:03

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L’AQUILA – È uno dei maggiori scrittori di fumetti del panorama italiano, prevalentemente disneyani ma non solo.

Francesco Artibani, sceneggiatore romano, 45 anni appena compiuti, ha infatti tirato fuori dal cilindro storie anche per Lupo Alberto e Cattivik, oltre che le “gemme” sibilline dell’Omino Bufo.

In ambito Disney è stato una delle colonne portanti del team di autori e disegnatori che ha creato un mito, quello di Pk, la nuova era del supereroe Paperinik che alla fine degli anni Novanta ha invertito i rapporti di forza tra l’Italia e gli States: di qua si creava, di là si accoglievano con stupore le novità.

Un successo di pubblico durato 100 volumi tondi tondi articolati in 3 serie e che ora, questa la notizia succulentissima che Artibani fornisce ai lettori di AbruzzoWeb, tornerà.

“Con la nuova gestione di Topolino da parte di Panini Comics c’è da essere certi che qualcosa accadrà”, assicura lo storyteller che, comprensibilmente, non può aggiungere troppi dettagli visto il top secret che c’è, ma un po’ si sbilancia: “non sarà un reboot ma un ritorno di Pikappa in un mondo in cui le cose sono andate avanti” e “tutti i riferimenti saranno alle prime due serie”, come sognano gli appassionati della prima ora, i mitici Pkers.

L’intervista tratta anche altri temi della scrittura di fumetti, su come, quando e perfino dove nasce una storia, quali sono gli errori da non fare e quali le novità che vedremo: “Sto lavorando sul ritorno di Gancio”, altra anticipazione interessante.

Uno dei “tuoi” personaggi, Paperinik, in una cover del 2010 e in uno speciale redazionale su Topolino visitò L’Aquila terremotata. Che accortezze sono necessarie per inserire un personaggio di fantasia in una storia vera, in questo caso tragica, ma anche in una meno triste?

La realtà e la cronaca non entrano quasi mai nel mondo disneyano (se non per accenni e metafore) ma quando ci si trova di fronte a una tragedia enorme come quella del terremoto è impossibile non affrontare il discorso direttamente. I personaggi disneyani hanno dalla loro la grande forza dell’umanità, dell’essere così originali ma allo stesso tempo così vicini a quelli che sono i sentimenti dei lettori. In questo modo possono muoversi con naturalezza all’interno di (quasi) ogni storia reale; ci sono temi come la morte e la violenza che naturalmente non possono affrontare ma le emozioni, quelle riescono a raccontarle senza problema.

Saper creare una storia è una dote innata o si può anche imparare?

Si possono acquisire strumenti per riuscire a organizzare ed esporre le proprie idee nel miglior modo possibile, ma una certa facilità nel creare intrecci e situazioni è una risorsa naturale che va in ogni caso curata e alimentata. L’unione di talento e mestiere è la ricetta migliore per riuscire a raccontare storie il più a lungo possibile.





Le storie delle persone di tutti i giorni possono essere incredibili, avere incongruenze e punti oscuri, quelle inventate devono essere perfette e anche credibili, seppure fantastiche: la trovi una forma di ingiustizia e se sì perché?

In una storia a fumetti o per un cartone animato il lettore e lo spettatore pretendono un finale compiuto, quel genere di finali che troppo spesso la vita non dà, e probabilmente proprio per questo lo pretendono da una storia inventata. Non credo dunque sia un’ingiustizia, la considero una sorta di risarcimento consolatorio, una speranza che le storie inventate – così come le favole – hanno il dovere di dare. Le storie quotidiane sono comunque sempre migliori di quelle create dagli autori, hanno dei dialoghi perfetti e dei protagonisti molto naturali…

C’è un momento in cui ti siedi e dici “ora invento un soggetto”, oppure si tratta di folgorazioni in luoghi e tempi disparati?

La folgorazione può sempre arrivare ma il lavoro, per quello che mi riguarda, è sempre svolto a tavolino (ma anche passeggiando, in auto o su un mezzo pubblico) ed è un lavoro di ragionamento, di scomposizione e assemblaggio di elementi diversi. Il “mestiere” a cui accennavo prima è questo, una serie di espedienti per riuscire a costruire una storia anche quando l’ispirazione latita. Sullo scheletro che si costruisce poi l’idea, il guizzo, arriva sempre, occorre solo trovare lo stimolo necessario o la prospettiva giusta per inquadrare un canovaccio già collaudato da un’angolazione diversa. Guardarsi intorno e tenere le orecchie aperte sono comunque un ottimo metodo per catturare un’idea, uno spunto o una traccia di partenza.

È più divertente scrivere per bambini o per adulti?

Scrivere per i più giovani è faticoso perché si tratta di un pubblico esigente e attento, un pubblico che dà tanto ma pretende altrettanto. Per quello che mi riguarda scrivere per i bambini è più stimolante perché ti mette alla prova in continuazione.

Qual è l’errore più comune dei principianti che si avvicinano al mondo della scrittura?

Posso riferirmi solo alla mia esperienza fumettistica e di sceneggiatore di cartoni animati. Un errore comune, in cui anch’io sono caduto all’inizio della mia attività, è quello di voler strafare a tutti i costi, dimostrare di essere bravi, giovani e pieni di energie cadendo nel tranello dell’eccesso di sicurezza. Avvicinarsi a personaggi con una storia pluridecennale alle spalle e pretendere di cambiare le regole del gioco, stravolgendo il personaggio, è una cosa che ho visto fare spesso ai danni di quelli disneyani. La scrittura è fatta di norme, di consuetudini e prima di pretendere di sovvertirle bisogna conoscerle bene.

Un disegnatore può anche cimentarsi nello scrivere, mentre il percorso inverso è più difficile. Ci sono momenti in cui lo sceneggiatore vorrebbe mettere mano al disegno? Come si influenza la seconda fase?

Ho cominciato la mia attività come disegnatore e progressivamente sono passato alla scrittura perché la consideravo più interessante e meno faticosa. Da sceneggiatore con un passato al tavolo di disegno a volte sento il richiamo della matita quando ho la necessità di sintetizzare graficamente quello che con le parole non riesco a descrivere. In realtà anche se ora scrivo a tempo pieno mi disegno dei bozzetti veloci di ogni pagina per impostare le posizioni dei personaggi e le scene, sistemare i balloon con i testi e vedere qual è l’effetto finale della tavola. Non invio mai dei bozzetti ai disegnatori per non invadere il campo altrui e dunque non cedo mai a quel richiamo e cerco di sforzarmi di essere chiaro nelle descrizioni delle scene. Non ho un approccio strettamente registico alla pagina disegnata; quello conta per me è dare al disegnatore le suggestioni giuste per far recitare al meglio i personaggi lasciando all’autore grafico la gestione degli spazi della pagina.

Quanto conta l’intesa con chi tradurrà in immagini le tue parole?





Moltissimo ma, pensando alle storie per “Topolino”, è la redazione ad affidare le sceneggiature ai disegnatori e, salvo rarissimi casi, quando scrivo un episodio non so mai chi sarà a disegnarlo. Quando ho l’occasione di collaborare con autori che conosco, autori che spesso sono anche amici, cerco di utilizzare al meglio il loro talento evitando magari di mettere in scena situazioni poco congeniali a quel disegnatore.

Potendo scegliere, continueresti a disegnare paperi e topi fermi agli anni Cinquanta, in base alle loro date di nascita ‘formali’ oppure trovi giusto che possano utilizzare oggetti contemporanei, iPad e così via?

È giusto che i personaggi vivano il proprio tempo, evitando qualsiasi nostalgia del passato (se così non fosse avremmo ancora Topolino negli anni Trenta e con i pantaloncini corti). L’uso della tecnologia e di certi elementi di contemporaneità a mio avvisto va bene purché sia gestito con misura; i protagonisti devono sempre essere riconoscibili e non vanno adattati o piegati a mode temporanee.

Quali personaggi abusati meriterebbero un po’ di ferie e quali invece vorresti ripescare perché non hanno espresso tutte le loro potenzialità?

I caratteri disneyani sono tutti molto forti; più che di personaggi troppo utilizzati si potrebbe parlare di personaggi sottoutilizzati o utilizzati male. Nei personaggi Disney, anche nei secondari apparentemente meno interessantii, ci sono sempre dei risvolti curiosi o inediti da esplorare. Per quello che riguarda i personaggi meno impiegati non saprei… Ora sto lavorando su Gancio che ha avuto i suoi bei momenti di gloria con Romano Scarpa e poi è scivolato un po’ nel dimenticatoio.

Hai mai pensato di dedicarti alle storie a bivi quelle in cui si può influenzare la storia?

No perché da lettore non mi piacevano particolarmente, le trovavo dispersive e difficili da seguire. Preferisco le storie tradizionali e mi piacciono le storie molto lunghe e articolate.

Il ritorno di Pk: qual è il pericolo e quale la sfida dell’operazione in generale e del tuo progetto nello specifico.

Purtroppo non posso dire molto perché il progetto è in fase di sviluppo e tutto è riservatissimo, come capita solo con le cose serie. Con la nuova gestione di Topolino da parte di Panini Comics c’è da essere certi che qualcosa accadrà. Il pericolo temuto dai lettori più affezionati è forse quello di un reboot, l’azzeramento totale per avvicinare nuovi lettori ma, per quello che mi riguarda, posso dire che le idee su cui stiamo lavorando vanno nella direzione opposta, quella di un ritorno di Pikappa in un mondo in cui le cose sono andate avanti. In ogni caso non si terrà conto della terza versione del personaggio ma tutti i riferimenti saranno alle prime due serie, quelle del vero Pikappa.

Extradisney quali sono la tua storia e il tuo personaggio preferiti e perché?

Asterix e Tex su tutti, senza dubbio. Indicare una storia sola è veramente impossibile; sono due pezzi di Storia del Fumetto, indispensabili per ogni lettore.

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