VIAGGIO NEL CRATERE/1. IL SINDACO CALVISI: RIMPIANGO LA PROTEZIONE CIVILE

FOSSA, UN NUOVO PAESE CHE HA TUTTO

di Alberto Orsini

18 Luglio 2010 18:40

Regione -

A quasi un anno e mezzo dal terremoto del 6 aprile 2009, AbruzzoWeb ha deciso di lanciare un ciclo di interviste che ha l’ambizioso obiettivo di toccare uno a uno tutti i Comuni che fanno parte del “cratere sismico”, la porzione di territorio abruzzese segnata dal sisma, intervistandone i sindaci.

Un Viaggio nel cratere, così viene chiamata la rubrica, che vuole mostrare ai lettori uno spaccato più ampio possibile delle complesse difficoltà ma anche degli input positivi con cui amministratori di territori molto diversi tra loro si trovano a che fare. Si comincia da Fossa.

di Alberto Orsini

L’AQUILA – “Da quindici a vent’anni per ricostruire Fossa”. È lapidaria e consapevole la risposta del primo cittadino, Luigi Calvisi (nella foto, con il capo della Protezione civile, Guido Bertolaso). Ma d’altronde, Fossa è tra i pochi paesi che possono permettersi di aspettare. Risolta l’emergenza abitativa grazie alla realizzazione di un nuovo villaggio, anche la vita sociale non è stata piegata dal sisma, per via della costruzione di strutture di aggregazione.

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Bar, ambulatorio, farmacia, scuola nuovi di zecca consentono oggi al piccolo Comune aquilano di avere una socialità che il sindaco azzarda sia migliore di quella pre-sisma. E i 12,5 milioni di fondi pubblici e privati già spesi, e le 14 gare d’appalto pronte a partire fanno ben sperare.





Tutto quello che manca, secondo il sindaco, è un supporto per il suo unico tecnico, e quella capacità decisionale immediata che aveva la Protezione civile, che Calvisi rimpiange, e lo dice apertamente.

Quante vittime ci sono state a Fossa e quali danni ha fatto il terremoto?

Fossa ha avuto quattro vittime. Quanto ai danni, oltre all’inagibilità del 90 per cento delle case, la particolarità in peggio è che c’è stato anche il problema della montagna, da cui sono crollati massi. Abbiamo avuto anche l’interruzione della strada d’accesso, perché si era rotto un ponte: Fossa è un paese terremotato in misura tripla. Siamo stati costretti ad asfaltare di corsa le strade interpoderali, insomma quelle di campagna.

Com’è stato risolto il problema abitativo?

Su questo aspetto sono orgoglioso di quanto fatto. Abbiamo realizzato un villaggio che è una sintesi quasi perfetta di aiuti pubblici e donazioni. Non solo dà una risposta abitativa, perché oltre alle case fatte dalla Protezione civile ci sono abitazioni fatte dagli Alpini, dal Friuli, dalla comunità di Verona. In più, tutte le donazioni ci hanno consentito di fare una grande piazza centrale con otto strutture pubbliche: c’è un bar, un alimentari, la farmacia, l’ambulatorio, il Municipio… Un villaggio di 55 mila metri quadrati con 12,5 milioni di euro di investimenti, dei quali 7,5 donati, 150 case e otto edifici pubblici. C’è anche una chiesa imponente, un parco giochi, ci saranno anche attrezzature sportive con campi di calcetto e tennis. Insomma non si garantisce solo un tetto, ma anche una vita sociale che forse è meglio di prima! Non è un dormitorio. Abbiamo anche avuto una scuola in donazione dalla Caritas di 1.300 metri quadrati per 2 milioni di euro.

Quali sono le condizioni della zona rossa? Ci sarà l’opportunità di ridurla a breve?

Se non mettiamo in sicurezza la montagna non possiamo neanche pensare alla rinascita. Fossa ha una zona rossa “F”, legata al rischio esterno, appunto quello della montagna. Il rischio più grosso è quello sulla piazza, la “F” più grande diciamo. Per quello è previsto un appalto europeo, ma io a maggio 2011 cesserò di fare il sindaco e non credo di fare a tempo a finire il lavoro. In tempi brevi non credo si possano recuperare tante case. Nel villaggio ci si dovrà stare tanto tempo, però ci si starà bene, perciò sono contento di aver fatto questa operazione.

Quali sono le idee per la ricostruzione e come intende fondere il nuovo villaggio con il paese vecchio?





Purtroppo non sarò io a occuparmene, comunque vedo il villaggio nuovo come una risorsa per Fossa. Nella fase 2, quando le case non saranno più soggette a un’assegnazione legata al terremoto e tutti avranno riavuto le loro case, si cominceranno a liberare, e una volta diventato proprietario il Comune, potrà farne l’uso che vuole. Potranno essere date agli studenti o ad altri, traendone però un affitto, visto che sono case di qualità e che la richiesta già adesso è enorme. Ne deriveranno risorse economiche importante per integrare gli interventi di governo e quelli privati.

Qual è a oggi la difficoltà maggiore, il problema urgente che si trova a dove risolvere?

Un problema grosso che ho, avendo una struttura piccola e tanti soldi da spendere, perché devo fare 14 gare d’appalto, è quello del tecnico, perché l’unico che ho sta impazzendo e ha minacciato di andarsene. Avendo assegnato ormai le 150 case, e stando in conclusione di questo villaggio, altre urgenze immediate non ne vedo, anche come richieste da parte della gente, che è sistemata in un posto bello e dove si vive tranquilli.

Cosa vorrebbe dire al commissario per la ricostruzione?

Quello che mi manca è il rapporto diretto e immediato che avevo con la Protezione civile. Faccio una premessa: in teoria, anche se mi dicono che non lo sono più, sarei un sindaco di sinistra, ma se mi toccano la Protezione civile, e oggi va di moda parlarne male, io mi imbestialisco. Ho visto gente che veramente lavora. I problemi personali di Guido Bertolaso non mi interessano, ma i suoi nel terremoto sono stati efficienti ed efficaci: corrono, fanno e decidono. Se decidi è chiaro che prendi le critiche, mentre chi non decide mai, come si fa attualmente, le critiche non le prende. La Protezione civile aveva una capacità e un ritmo nel prendere le decisioni che ora non vedo più. Io chiamavo e il giorno dopo mi ricevevano, adesso chiami e non ti riceve nessuno.

Quanto ci vorrà per ricostruire Fossa?

Da quindici a vent’anni. Con Gemona, in Friuli, siamo gemellati, ci sono stato quattro volte e ne conosco tutto. Lì ci hanno messo tredici anni. Per Fossa e gli altri paesi sarà ancora peggio, per L’Aquila non ne parliamo, soprattutto per gli aspetti economici. Come ci diceva Bertolaso, gli altri furono “terremotini”, ma questo è stato un “terremotone”.

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