INTERVISTA A FULVIO GRIMALDI, 82 ENNE GIORNALISTA CHE LAVORO' ALLA BBC ''E' UNA VARIABILE IMPAZZITA COME JFK, HILLARY CLINTON PIU' PERICOLOSA''

ELEZIONI USA, VINCE DONALD JOHN TRUMP ”IL MENO PEGGIO, E’ CONTRO ESTABLISHMENT”

di Roberto Santilli

9 Novembre 2016 09:00

Mondo - Politica

L'AQUILA – “La ‘variabile impazzita’ di Trump non era prevista dall’establishment Usa e internazionale che è legato agli Usa, tanto è vero che i media, anche in Italia, hanno supportato in modo osceno la candidata dem Clinton. Da questo punto di vista, Trump somiglia in qualche modo a John Fitzgerald Kennedy. Non parliamo di ‘purezza’ e caratteristiche simili, nessuno è puro in quella farsa delle elezioni Usa, ma di establishment che viene disturbato da un elemento che è contrario a certi progetti”.

Si chiudono con la clamorosa e inaspetatta vittoria del repubblicano Donald John Trump, ricchissimo imprenditore e investitore immobiliare di New York, e la conseguente, fragorosa disfatta della dem moglie dell'ex numero uno alla Casa BiancaHillary Diane Rodham Clinton, le elezioni presidenziali negli Stati Uniti d’America.

E si chiude così l'epoca di Barack Obama​, in sella dal 2008.

Elezioni presidenziali che in generale il giornalista di lungo corso Fulvio Grimaldi, 82 anni, ex Bbc e mille altre cose serie nella vita e ancora ‘impicciato’ con i suoi video documentari, definisce “figlie di un sistema falsato, corrotto e manipolato da sempre che permette ai grandi elettori dei vari Stati che a seconda della popolazione possono superare il verdetto del voto popolare”.

Una distorsione notevolissima “che trova spazio in una nazione che ha ormai soltanto cinque grandi gruppi mediatici, ‘incistati’ dentro il sistema di potere politico, militare, economico che orienta una popolazione che ha praticamente una fonte dittatoriale, monopolistica di informazione – commenta il giornalista ad AbruzzoWeb –. Internet non è ancora all’altezza di questi persuasori occulti”.

E senza dimenticare il rischio di brogli elettorali, “accertati nell’elezione di George W. Bush, quella che aveva vinto Al Gore, con quest’ultimo che è stato spodestato da una sentenza della Corte Suprema in cui si erano ‘annidati’, i ‘babbioni’, cioè i giudici reazionari nominati da Reagan e Bush padre”.





Insomma, non importa chi vince, poiché contano le decisioni nelle stanze che davvero contano.

Anche se nel caso di questa elezione, appunto, il sistema di potere Usa ai massimi livelli non aveva previsto l’ingresso di Trump, “variabile impazzita”, sulla scena politica più importante e decisiva non soltanto per le faccende casalinghe, ma anche per il “condominio” all’esterno. 

“L’establishment – commenta – l’intero establishment Usa e internazionale legato agli interessi statunitensi, ha appoggiato apertamente, in modo compatto, Hillary Clinton. Questo ci dà da pensare, nel confronto Obama-Romney non andò così perché c’era una divisione di interessi dietro l’uno e dietro l’altro. 

Trump, da questo punto di vista, non è uno dei soliti burattini. Si tratta sempre di due candidati di destra, perché nell’universo-mondo è difficile trovare la sinistra, ma alcuni punti distinguono la destra che ci minaccia con la fine del mondo, il dominio totale e il confronto totale con Russia e Cina, e la destra che è un po’ più ‘cauta’”.

Cioè, va dritto al punto Grimaldi, “Trump ha fatto sue, in qualche maniera, alcune istanze che tradizionalmente erano della sinistra, come la non condivisione dell’antagonismo russofobico in questo caso di Hillary Clinton e dell’establishment”.

“Ed ha pure lanciato delle proposte di limitazione dell’intervento Nato, ma non ha neanche espresso simpatia per questo furibondo potenziamento proprio della Nato che invece va bene a Clinton. Insomma – ammette Grimaldi – sembra un po’ meno guerrafondaio della sua rivale. Pure se anche lui, come Hillary, deve rendere omaggio alla lobby ebraica che vede ancora crescere lo squilibrio del condizionamento della politica estera Usa. Squilibrio che non credo possa essere modificato”.





Una ‘bacchettata’, Grimaldi la riserva anche al gigante Noam Chomsky, tra i maggiori intellettuali viventi, che ha stroncato Trump, giudicandolo peggiore della pur pericolosa Clinton.

“Chomsky il suo cordone ombelicale con la lobby lo mantiene sempre, d’altra parte è lo stesso che dice che Assad è un dittatore che va abbattuto. Le critiche del professore, per quanto possa dire delle cose giuste e puntuali all’interno del sistema Usa, non sono sempre affidabili al cento per cento. Qui, da Barack Obama in poi, c’è un confronto esasperato con chi non accetta il ‘regime change’, il cambio di regime, contro i popoli che non obbediscono e con una forza mai visto prima. Almeno in questo, Trump ha espresso delle perplessità”. 

Il bottone rosso, dunque, “è molto più a rischio sotto la guerrafondaia dei neocon dell’11 Settembre, che ha raso al suolo al Libia, che ha fatto quelle uscite oscene sulla morte di Gheddafi, che ha sostenuto per il caos in Ucraina la sua ex dipendente Victoria Nuland, che ha fatto un colpo di Stato in Honduras da segretario di Stato, che vuole usare la forza con la Russia, che nella sua squadra ha Madeleine Albright (‘celebre’ anche perché nel 1996, da ambasciatore Usa alle Nazioni Unite, dichiarò in televisione “È una scelta difficile, ma riteniamo che il prezzo valga la pena”, in riferimento al mezzo milione di bambini iracheni morti per cause “correlate all’embargo”, ndr)”.

D’altra parte, qui scatta l’amarezza del giornalista, “il complesso militare-industriale ha esercitato la pressione definitiva sull’Fbi perché si rimangiasse, sul caso email-gate, nel giro di quattro o cinque giorni, quella che sembrava ‘bomba’definitiva contro Clinton, rendendo grottesca l’intera operazione di 650 mila email. La cosa sconveniente è che queste email si trovassero nel computer privato di un personaggio come Anthony Weiner, marito di Huma Abedin (storica assistente personale di Hillary Clinton, ndr), ed ex politico di successo coinvolto in diversi scandali sessuali”.

Insomma, quello per Trump alla fine è un voto di protesta di tanta gente, seppur stracolmo di contraddizioni, in assenza di forza per altre alternative, in una nazione che vede un candidato come Bernie Sanders come una specie di bolscevico. 

“Anche in Europa il governo mondialista, che ingloba l'Unione Europea – conclude Grimaldi – ha subìto una sconfitta, vedi Brexit contro cui è stato applicato lo stesso schema mediatico che ha appoggiato Clinton, cioè demonizzazione totale. Io dico che servono ancora più Brexit”.

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