A TRIESTE NUOVA UDIENZA DEL PROCESSO A CARICO DEL SACERDOTE ACCUSATO DI AVER UCCISO DON GIUSEPPE ROCCO, MORTO NEL CAPOLUOGO FRIULANO NEL 2014

DON PAOLO PICCOLI RISPONDE AD ACCUSA E DIFESA, ”AL CAPEZZALE PER ESTREMA UNZIONE”

23 Settembre 2018 12:31

L'Aquila - Cronaca

L’AQUILA – “È stata un’udienza importante alla quale don Paolo teneva molto perché finalmente è riuscito a spiegare con dovizia di particolari e con argomenti assolutamente inoppugnabili la presenza delle sue tracce ematiche sul luogo della morte e ad argomentare la assoluta estraneità in relazione all’imputazione”.

Così l’avvocato Vincenzo Calderoni, del foro dell’Aquilla, commenta gli esiti dell’udienza di venerdì scorso del processo che a Trieste vede imputato il suo assistito, il 53enne don Paolo Piccoli, sacerdote di origini venete incardinato nella Curia dell’Aquila, accusato di aver strangolato il 92enne don Giuseppe Rocco, il 25 aprile 2014, presso la Casa del Clero del capoluogo friulano.

Dopo la pausa estiva il processo è ripreso il 22 settembre scorso proprio con la deposizione del sacerdote “aquilano”, la prossima è fissata per il 5 ottobre.





“Ad esempio – spiega ancora il legale che difende il sacerdote insieme all’avvocato Stefano Cesco, del foro di Pordenone, – don Piccoli ha suffragato con documenti la necessità teologica del sacramento dell’estrema unzione, per coloro che si trovano in uno stato di morte intermedia, come è stato il caso di don Rocco che, a detta di tanti intervenuti al mattino, era ancora caldo e dunque necessitava di ricevere il sacramaneto”.

A don Piccoli i pm Lucia Baldovin e Matteo Tripani contestano di aver strangolato don Rocco per impossessarsi di una collanina e altri oggetti religiosi, tesi già smentita dalla difesa.

Le tesi dell'accusa si basano in particolare sulle affermazioni della grande “accusatrice”, la perpetua del sacerdote defunto, Eleonora Laura Di Bitonto, che ha scoperto il corpo privo di vita nella sua stanza, ma anche, come emerso dagli atti, la beneficiaria di una cospicua eredità lasciata dall’anziano monsignore.





L’udienza di venerdì è stata dedicata quasi esclusivamente ad ascoltare don Piccoli, interrogato sia dal difensore che dal pm.

Il 53ennne ha risposto a tutte le domande, ricordando quello che ha fatto la notte in cui è morto don Rocco, motivando la sua presenza al capezzale del defunto esclusivamente per impartire l’estrema unzione.

Il pubblico ministero ha chiesto tra le altre cose come mai in una intercettazione don Piccoli avesse definito la vittima “abominevole” e lui si è giustificato dicendo che con quell’aggettivo si riferiva alla condizione di essere accusato di omicidio, e non alla la persona, visto che quell’intercettazione è avvenuta dopo la notifica dell’avviso di garanzia.

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