DEPRESSIONE POST ADUNATA: PSICOLOGA, ”COME TORNARE ALLA NORMALITA’, CON GIOIA”

19 Maggio 2015 10:04

L'Aquila -

L’AQUILA – In molti l’hanno definita la “depressione post Adunata”. Quel dispiacere, misto a malinconia, per quanto di bello c’è stato nei giorni del maxi evento degli alpini.

In tanti hanno parlato di una città nuovamente viva,  con un centro storico quotidianamente quasi deserto, insolitamente invaso da migliaia di persone in festa.

Momenti che quasi tutti rimpiangono ora, sebbene nei giorni precedenti l’Adunata, a prevalere era la preoccupazione per i disagi che si sarebbero vissuti.

Sull’argomento, Abruzzoweb ha raccolto l’analisi della dottoressa Valeria Ciciotti, psicologo-counselor, che spiega anche come conservare la gioia e l'entusiasmo di cui si è fatto il pieno, il più a lungo possibile. Elisa Marulli

LA SINDROME DEL POST ADUNATA

“Perché la festa è finita?”, “Non potevano restare a L’Aquila gli Alpini?”, “Chiudete i caselli, non fateli andare via!”, “Da lunedì che faremo?”!

Queste sono solo alcune delle frasi pronunciate da noi aquilani già prima della fine effettiva dell’Adunata degli Alpini.





Eppure, prima dell’inizio dell’Adunata, quando ancora non si avevano informazioni certe, quando si vociferava sulla possibile difficoltà estrema di circolare, sulla chiusura delle scuole e degli uffici, quando ancora la città non veniva contagiata dall’allegria e dal clima di euforica spensieratezza, numerosi erano i commenti dei cittadini che mostravano “resistenza e reticenza” nei confronti dell’evento… come se, tenere i figli a casa, prendere dei giorni di ferie, muoversi con l’autobus…  cambiare quindi routine e abitudine fosse scomodo, disagevole e di “fastidio” al normale scorrere della quotidianità.

In effetti ogni cambiamento è scomodo, crea scompiglio, ci costringe a uscire dalla zona di confort all’interno della quale viviamo spesso le nostre vite senza renderci conto di quanto la novità possa essere produttiva e portatrice di benessere!

Un po’ come è stata l’Adunata per la città intera: calore, leggerezza, divertimento, possibilità, nuove conoscenze, uno sguardo alla città da angolature diverse e spesso, da anni, almeno dal 2009, poco “sfruttate”!

“Non è la specie più forte a sopravvivere, e nemmeno quella più intelligente, ma la specie più predisposta al cambiamento”, diceva Charles Darwin.

Allo stesso tempo il cambiamento, anche se desiderato e ambito, come per esempio tanto forte è il desiderio di vedere la città viva e vissuta,  è spesso meno rassicurante di ciò che ci è familiare ed è per questo che in vari ambiti di vita, anche in quelli che riguardano la collettività e gli eventi che coinvolgono la comunità, la resistenza alla novità si mostra nelle sue molteplici sfaccettature impedendo a volte di guardare, di vedere al di là dell’ostacolo.

Ed ora che la festa è finita, che gli alpini non ci sono più e che si è più meno tornati alla “normalità”?

In che modo continuare a godere della gioia e del piacere che abbiamo sperimentato?





Ogni volta che una “cosa” finisce, perché tutto finisce, in particolar modo se questa “cosa” è stata per noi fonte di emozioni positive, è necessario accogliere anche la tristezza che ne consegue, poiché tutta la vita è un continuo susseguirsi di eventi che, ciclicamente, si ripetono e si susseguono lasciandoci ogni volta, nello spazio temporale che tra loro intercorre, la possibilità di sperimentare un “vuoto fertile” che servirà ad ascoltarci profondamente al fine di entrare poi di nuovo in contatto con una nuova esperienza.

Le esperienze si susseguono in un’alternanza di contatto e di ritiro e quando il contatto è pieno, l’essenza del contatto resta con noi anche a fine esperienza.
“…posso assaporare l’essenza del nuovo dopo aver gustato ciò che lo ha preceduto… ed essere stato nell’immancabile rammarico della fine…”.

AugurandoVi di “portare con voi” qualcosa di buono per la vostra vita da queste esperienza, Vi saluto portando con me suoni colori, musica, gioia e condividendo con Voi una frase a me cara:

“Senza un forte impegno la vita non offrirebbe nulla che abbia valore”.

Grazie alpini e grazie L’Aquila!

Valeria Ciciotti, psicologo-counselor

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