IL GIORNALISTA SCOMODO: ''SCHIAVI DI UN SISTEMA DI DEBITI IMPOSTO DA ALTRI'' L'AQUILA, ''CON VECCHIA LIRA LA RICOSTRUZIONE NON SAREBBE UN PROBLEMA''

CRISI: BARNARD, ”PEGGIO DI COME APPARE, USCIRE DA EURO CRIMINE CHE CI AFFAMA”

di Pierluigi Biondi

25 Luglio 2012 08:01

Regione - Economia

L’AQUILA – “La crisi è molto più grave di quel che vogliono far credere i ‘terroristi’ del Corriere della Sera e del Tg1: i salari degli italiani sono al 23° posto della classifica Ocse, la disoccupazione interessa un giovane su tre, l’11 per cento delle famiglie non può fare spese per le cure mediche o scaldarsi adeguatamente”.

A sentire Paolo Barnard, scomodo cronista bolognese esperto di economia, il default dell’Italia non è solo un’ipotesi pessimistica: è una realtà che la politica e l’informazione tengono nascosta per continuare a mantenere in vita “il disastro euro” e consentire a Francia e Germania di proseguire “lo shopping tra i ‘gioielli di famiglia’, come il settore metalmeccanico, ormai tutto in mano ai tedeschi”.

In questo scenario, secondo Barnard “il fondo salva-Stati non serve a nulla: se l’Italia dovesse realmente attingervi durerebbe al massimo tre settimane, dopo?”.

Sulla ricostruzione dell’Aquila e del “cratere”, Barnard ribadisce quello che ha detto altre volte ad AbruzzoWeb: “se avessimo ancora la lira e la possibilità di battere moneta non ci sarebbero problemi di soldi, così invece forse vi daranno quel che vi serve per rifare le case ma, alla fine, strozzati dai debiti generati dall’euro, nessuno ne avrà più la proprietà”.

Finita l’intervista con il giornalista viene voglia di ritirare quei pochi soldi che uno (forse) ha da parte e fuggire lontano dall’eurozona, in uno di quegli Stati “dove la sovranità monetaria è ancora una realtà” osservando da lontano lo show-down del Belpaese.

Barnard, il ritratto a tinte fosche che viene dipinto sulla situazione italiana ed europea è davvero così negativo?





Molto di più: l’economia è sprofondata, il potere d’acquisto degli stipendi è crollato, i risparmi sono di quattro volte inferiori rispetto a prima dell’ingresso nell’euro, c’è il boom della cassa integrazione e non c’è nessuna speranza per le nuove generazioni.

L’Italia, quindi, rischia di fallire?

Peggio. Se venissero applicati alla lettera i regolamenti bancari, molti istituti di credito sarebbero già tecnicamente falliti. Un auditor le avrebbe chiuse da un pezzo. Il 9 novembre 2011 gli investitori non compravano più titoli di Stato, il ministero del Tesoro non aveva più denaro, poi il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, ha riaperto i rubinetti e ha dato un po’ di respiro a un Paese che comunque va a rotoli.

E il fondo salva-Stati?

Nel caso in cui si prevedesse per l’Italia un salvataggio sul modello greco, i 450 miliardi di euro disponibili basterebbero appena per tre settimane, considerando che avremmo bisogno di 26 miliardi al giorno. La verità è che la nostra è un’economia avvitata su se stessa che di giorno in giorno cola a picco. Ma queste cose non le dice né il presidente del Consiglio dei ministri, Mario Monti, né i “terroristi” del Corriere della Sera o del Tg1, che tengono in mano le leve dell’informazione.

Non ci salveranno neanche i tagli alla spesa pubblica, la spending review, o il prelievo fiscale?





Come si può pensare che il Paese cresca drenando risorse dal reddito o dalle pensioni? La deflazione dei consumi è una spirale e peggiora con l’austerità. Il governo introduce misure per lo sviluppo ma poi aumenta le tasse, con una mano dà e con due toglie.

Francia e Germania potrebbero aiutarci?

Al contrario, l’asse franco-tedesco punta a distruggerci, facendoci sopravvivere il tempo necessario per continuare a fare shopping tra i nostri “gioielli di famiglia”, come il settore metalmeccanico, ormai quasi totalmente in mano alla Germania. Quando si accorgeranno che saremo talmente poveri da non avere più nulla da vendergli ci molleranno, e lo stesso faranno con Spagna e Grecia. 
 
Quale ricetta propone per venire fuori da questo incubo che lei descrive?

Realisticamente ce n’è una sola: uscire dall’eurozona e recuperare la sovranità monetaria. In troppi hanno dimenticato che l'”Italietta della lira”, come qualcuno la chiama, da zero era diventata la settima potenza economica del mondo, mentre adesso arranchiamo intorno alla quarantesima posizione, dietro Turchia o Portogallo. Oggi dipendiamo dai mercati esteri, non avendo moneta nostra dobbiamo chiedere soldi in prestito, così continuiamo a far debiti per pagarne altri: un metodo criminale. L’economista Alain Parguez, ex consigliere di Francois Mitterand, definisce l’Europa attuale “Assurdistan”.

In questo scenario, le speranze di avere in futuro le risorse per ricostruire L’Aquila e il “cratere” si assottigliano.

Fa male dirlo, ma è così. Basta guardare a nazioni che hanno la moneta di proprietà, come il Giappone e gli Usa che, di fronte a disastri come l’uragano Katrina che ha distrutto New Orleans o il terremoto di Fukushima hanno potuto immettere denaro pubblico a piacimento per assicurare gli interventi necessari. Il rischio è che vi diano i soldi per rifare le case ma, poi, voi come tanti altri italiani, strozzati dai debiti, non ne avrete più la proprietà.

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