CONSIGLIO MINISTRI IMPUGNA RENDICONTO 2013, ”COPERTURE INCERTE, INATTENDIBILE”

di Filippo Tronca

23 Maggio 2017 07:30

Regione - Cronaca

L'AQUILA – Si complica il travagliato cammino della Regione Abruzzo per fare pulizia sui suoi conti e per quantificare il disavanzo accumulato negli anni e da risanare, a oggi pari alla bella cifra di 770 milioni di euro.

Il Consiglio dei ministri ha infatti impugnato alla Corte Costituzionale la legge regionale numero 16 del 2017, ovvero il rendiconto per l’esercizio finanziario del 2013.

Il motivo è che, secondo il governo, la parifica dei conti, a seguito dell’inattesa apertura di una nuova voragine nella legge finanziaria del 2013, a firma del centrodestra di Gianni Chiodi, è avvenuta fa attraverso, anche in questo caso, coperture che potrebbero essere incerte.

L’impugnazione è in fondo la logica conseguenza della bocciatura da parte della stesssa Corte della legge di bilancio del 2013, con la sentenza del 27 aprile scorso, perché, semplificando, sono state effettuate spese senza copertura certa per un ammontare di 61 milioni e sono state eseguite scorrette contabilizzazioni relative all’anticipazione di liquidità.

In particolare molte voci di bilancio 2013, dalle borse di studio a favore degli studenti universitari ai contributi regionali all'Associazione regionale allevatori d'Abruzzo, passando per il ripiano delle perdite del Consorzio Mario Negri Sud, e del Centro di formazione regionale Ciapi, erano state effettuate, a pochi mesi dalle elezioni regionali, con avanzi di bilancio per un importo di 61 milioni, che sono, peròm solo “presunti”, cioè non accertati con un precedente rendiconto, visto che appunto è stato fatto solo a fine 2016 dalla nuova amministrazione.





L’assessore al Bilancio Silvio Paolucci aveva però assicurato che l’ulteriore ammanco da 61 milioni fosse stato, in realtà, già previsto nel disavanzo, arrivato a quasi 800 milioni, correggendo l’accertamento di quanto incassato e speso dall’ente, ovvero gli effettivi debiti e crediti passati, eseguito solo pochi mesi fa dal governo di centrosinistra, in attesa che si recuperi il tempo perduto completando il riaccertamento anche per le annualità 2014, 2015 e 2016.

Ora, tuttavia, il Consiglio dei ministri ha impugnato anche il rendiconto 2013 nel suo complesso, in quanto “presenta profili di illegittimità costituzionale nella sua interezza”.

Nelle motivazioni dell’impugnazione si richiama proprio un passaggio della sentenza della Consulta in cui si dichiara “di non poter accogliere le difese svolte dalla Regione Abruzzo, tra le quali l'argomento secondo cui la sopravvenuta legge regionale 16 del 2017 (Rendiconto 2013) avrebbe risolto il problema della copertura attraverso l'accertamento di un congruo avanzo di amministrazione”.

Tale risultato di amministrazione, infatti, secondo la Corte, “non risulta affidabile, parziale e non attendibile”.

“Detto avanzo – spiega infatti il ricorso – viene ottenuto attraverso un’operazione contabile non corretta, in quanto indipendentemente dalla procedura di riaccertamento straordinario dei residui, sussiste comunque l’obbligo indefettibile per ciascun ente territoriale di effettuare annualmente, ed in ogni caso prima della predisposizione del rendiconto, l’esatta ricognizione dei residui attivi e passivi”.





“La ricognizione annuale dei residui attivi e passivi – prosegue il Consiglio – è operazione propedeutica a qualsiasi rendiconto, in quanto consente di individuare formalmente i crediti di dubbia e difficile esazione, i crediti inesigibili e insussistenti, per l’avvenuta legale estinzione o per indebito o erroneo accertamento del credito, i debiti prescritti, le somme da portare in economia ed, in ogni caso, tutte le componenti degli esercizi decorsi che influiscono sul risultato di amministrazione”.

“È evidente che, senza una verifica di tal genere – conclude il governo – non si può procedere all’approvazione del rendiconto”, perché non assicura chiarezza e stabilità “ai conti regionali, peggiorando la situazione dell’ente territoriale, anche per l’assenza di punti di riferimento sicuri quali la continuità con le risultanze degli esercizi pregressi e l’esatta contabilizzazione dei crediti e dei debiti allo stato esistenti”.

Insomma la legge numero 16 del 2017, che ha provato a mettere una pezza ai danni contabili creati dalle precedenti amministrazioni regionali, ha fallito anch’essa nel suo intento, perché anche in questo caso le coperture sono incerte.

Cosa che va contro il famigerato articolo 81 della Costituzione Italiana, modificato nel 2012, e che impone, su input dell’Unione Europea, l’obbligo del pareggio di bilancio (“Lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico”). e l’obbligo delle coperture economiche delle leggi approvate, (“Ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte”).

Si aprirà ora l’ennesimo contenzioso tra Regione e Consulta. Mossa decisiva, però, potrebbe essere quella di procedere speditamente a recuperare entro l’anno, prima si suppone di un’eventuale sentenza della Corte costituzionale, tutti gli altri rendiconti mancanti, dal 2014 al 2016, quantificando in modo definitivo e pacifico il disavanzo accumulato negli anni passati dagli abruzzesi, facendo anche venir meno l’oggetto del contendere, prevedendo l’esatto e definitivo importo delle rate annuali, ad oggi 60 milioni, necessari a ripianare una volta per tutte i conti.

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