CONGRESSO ED ELEZIONI: AL VIA LE GRANDI MANOVRE NEL PD IN REGIONE ABRUZZO

di Filippo Tronca

18 Febbraio 2017 08:00

Regione - Politica

L'AQUILA – Le elezioni politiche si avvicinano, e ancor prima il congresso del redde rationem, sotto la minaccia della scissione, e anche nel Partito democratico in Consiglio regionale abruzzese è cominciata la danza dei riposizionamenti nella consapevolezza che un passo sbagliato potrebbe risultare fatale al futuro politico di ciascuno.

Le indiscrezioni di palazzo, seppure raccolte in una situazione ancora fluida e incerta, assicurano che in prima linea, perché intenzionati a candidarsi al Parlamento, ci siano il presidente della Regione Luciano D’Alfonso, e il coordinatore della maggioranza Camillo D’Alessandro. Il primo schierato con il segretario ed ex premier Matteo Renzi, il secondo con Michele Emiliano.

Dunque al fianco e sodali all’Emiciclo, dalla parte opposta delle barricate in un partito sull’orlo della scissione.

Anche se le inchieste aperte dalla procura dell’Aquila rappresentano un’ulteriore incognita per il futuro politico di D’Alfonso, che è stato appena raggiunto da una comunicazione di proroga delle indagini.

Altri renziani pronti a staccare il biglietto per Roma, sono il presidente Consiglio regionale Giuseppe Di Pangrazio, e l’assessore regionale all’agricoltura Dino Pepe.

Le grandi manovre in realtà erano già cominciate all’indomani del referendum.

Prima del fatale 4 dicembre anche all’Emiciclo tutti erano renziani della prima ora, della seconda ora, o al massimo “diversamente renziani”.

Anche se erano forti seppur soffocati i malumori anche prima del referendum, nei confronti del presidente D’Alfonso, renziano dell’ultim’ora, per la sua insopprimibile propensione, almeno queste le accuse, all’accentramento delle decisioni, al non dar spazio e soddisfazione ai suoi assessori e ai consiglieri lasciati soli a domare l’insoddisfazione crescente dei rispettivi territori, alimentata dalla crisi economica, dai continui tagli delle risorse imposte dalle politiche di austerity dettate da Bruxelles.





Ma ora le cose sono cambiate e di molto, visto che Matteo Renzi non è più premier, è costretto alla panchina e scalpita a bordo campo, preme per il congresso subito e a stretto giro per le elezioni anticipate.

Andando così allo scontro con le minoranze del partito rappresentate da Michele Emiliano presidente della Regione Puglia, Enrico Rossi presidente della Regione Toscana, e Roberto Speranza, l’ex capogruppo alla Camera che hanno stretto un patto e scritto un documento portato all'attenzione dell’assemblea nazionale del Pd, nel quale sottolineano la loro distanza dal segretario Renzi e dalla sua idea di partito, personale e leaderistico.

Ribadendo il sostegno al governo di Paolo Gentiloni fino al 2018, e la richiesta di un congresso senza forzature. E soprattutto minacciando la scissione.

All’Emiciclo pronto a schierarsi al fianco di Emiliano, suo amico di vecchia data, è in primis il coordinatore della maggioranza D’Alessandro.

Per motivazioni ideali, ci mancherebbe altro, visto che ad esempio per quanto riguarda le questioni ambientali il presidente della Puglia è molto più “verde” di Renzi.

Ma anche per motivi tattici, in vista delle future candidature alle elezioni politiche. Non è un mistero che D’Alessandro punta al Parlamento.

Stessa mira di D’Alfonso, pronto a lasciare palazzo Silone anzitempo, se si dovesse votare nella primavera del 2018, e dunque poco prima della fine, nella primavera del 2019, della legislatura regionale abruzzese.

Il punto è che, salvo modifiche alla legge elettorale, è previsto il capolista bloccato, nominato dalla segreteria, garanzia di elezione sicura, anche se il prescelto, come disposto dalla Corte Costituzionale, non potrà più scegliere a sua discrezione il collegio d’elezione.

E se come probabile sarà il segretario uscente Renzi a vincere il congresso, quando si farà, seppure con numeri non più bulgari come ai (suoi) bei tempi, i posti da capolista bloccato andranno ai renziani, ovvero in Abruzzo a D’Alfonso in primis.





Tenuto poi che ci sono altri renziani all’Emiciclo pronti a candidarsi al Parlamento, come il presidente del consiglio regionale Giuseppe Di Pangrazio, e l’assessore regionale all’agricoltura Dino Pepe.

E allora a D’Alessandro anche da questo punto di vista conviene schierarsi con Emiliano, che se come probabile otterrà un risultato significativo al congresso, avrà assicurato un numero di posti al sole per i suoi, nei vari collegi elettorali.

Insomma meglio essere in prima fila con Emiliano, e perdere il congresso, piuttosto che una seconda linea tra i vincitori renziani.

In Abruzzo pronto a schierarsi con Emiliano è anche il capogruppo Sandro Mariani, in virtù del suo legame di stima e affinità politica con D’Alessandro.

L’assessore alla Sanità Silvio Paolucci, invece, è dato schierato tra il “paciere” Andrea Orlando e l'ala sinistra di Speranza.

Rimanendo sulla costa adriatica abruzzese: sull’assessore Donato Di Matteo, all’Emiciclo scherzosamente c’è chi non ha dubbi: “Di Matteo farà quello che non farà D’Alfonso, e dunque starà con Emiliano”, riferendosi ai noti attriti dell’assessore con il presidente, che lo ha portato in autunno a partecipare alla seconda sommossa interna alla maggioranza al fianco degli storici malpancisti di Abruzzo Civico, l’assessore Andrea Gerosolimo, e il consigliere Mario Olivieri

Spostandosi nell’aquilano, non ancora pervenuti il vicepresidente della Regione Giovanni Lolli, e il consigliere Pierpaolo Pietrucci, ma di cui è nota la sua propensione verso la sinistra del partito. Ma per i due c’è ancora l’incognita di un'altra importante partita, quella delle elezioni comunali, con Pietrucci dato per probabile candidato sindaco.

Renziani e dalfonsiani restano infine i consiglieri Luciano Monticelli Alberto Balducci e l’assessore al sociale Marinella Sclocco.

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