CIALENTE: IL GIP, ”PIANO PROTEZIONE CIVILE C’ERA MA POCO PUBBLICIZZATO”

12 Luglio 2013 19:17

L'Aquila - Cronaca

L’AQUILA – “L’amministrazione comunale aveva comunque predisposto un piano di emergenza, che era stato approvato con delibera del Consiglio comunale in data 22 gennaio 2009, per cui a prescindere da eventuali giudizi sulla sua adeguatezza tale fatto impedisce di configurare il reato in questione”.

Così il giudice per le indagini preliminari dell’Aquila Giuseppe Romano Gargarella ha scagionato il sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente, dall’accusa di omissione d’atti d’ufficio, come si legge nell’ordinanza del magistrato.

Gargarella mette un punto su una domanda annosa che ha accompagnato i polemici anni del post-sisma: il piano di protezione c’era, come dice l’amministrazione, o non c’era, come urlano i familiari delle vittime?





Per il gip aquilano la risposta è sì, ma il magistrato non risparmia critiche all’amministrazione sulla sua diffusione tra la popolazione.

Gargarella, infatti, ritiene “condivisibile il fatto che il Pm nella richiesta di archiviazione menzioni la scarsa divulgazione di tale piano”.

E per Cialente ci sono anche stilettate. “Non si presenta invece pienamente condivisibile quanto dichiarato dal sindaco – scrive Gargarella nella sua ordinanza – che ‘sembra vi fosse un onere esclusivo di informazione da parte del singolo cittadino, senza che, date le concrete circostanze, vi fosse un obbligo di adeguata pubblicizzazione e informazione da parte dell’ente pubblico’”.





Gargarella parla anche dell’ipotesi di un’imputazione simile a quella della commissione Grandi rischi, l’omicidio colposo, che gli accusatori vorrebbero in ultima istanza per il sindaco.

“Occorrerebbe verificare in primo luogo, prima ancora della sussistenza di un ipotetico elemento psicologico di carattere colposo, il fatto che tra un ipotetico difetto di informazione alla cittadinanza, che avesse poi riguardato le vittime del sisma, e l’evento mortale, fosse identificabile un preciso nesso di causalità”, ammonisce il gip, rievocando proprio il problema principale del processo all’organo scientifico consultivo della presidenza del Consiglio, per i cui componenti un altro giudice, Marco Billi, ha ritenuto dimostrato il nesso causale condannandoli appunto per omicidio colposo.

Per Gargarella, insomma, bisognerebbe dimostrare che con un’adeguata pubblicizzazione e informazione del piano di protezione civile le persone non sarebbero morte: “Ma di ciò non vi è alcuna traccia in atti”, conclude.

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