LE IMMAGINI DEL GIOIELLO ABBANDONATO DI PRATA D'ANSIDONIA, BUROCRAZIA POST SISMA E UN'INCHIESTA GIUDIZIARIA BLOCCANO TUTTO

CASTELLO CAMPONESCHI, CINQUANT’ANNI DI SOLDI SPESI E DI PROMESSE MANCATE

di Filippo Tronca

15 Aprile 2016 08:13

L'Aquila - Cronaca, Gallerie Fotografiche

L'AQUILA – Castello Camponeschi, gioiello di pietra tra le terre e i boschi dell’Altopiano di Navelli, nel comune di Prata D’Ansidonia (L'Aquila), ha un passato di luogo vivo e fiorente, che ha resistito per nove secoli a invasioni, assedi e carestie. A lungo dimora della nobile famiglia aquilana dei Camponeschi, da quando però a fine anni Sessanta se ne è andata via l’ultima famiglia, generazioni di amministratori pubblici, comunali e regionali, non sono riusciti a riportare dentro quelle mura la vita e le attività, nonostante i tanti soldi pubblici spesi, dopo finanziamenti europei che hanno prodotto solo un cantiere lasciato a metà.

Ultimi episodi di quello che sembra la storia di un malefico incantesimo, il terremoto del 6 aprile 2009 che ha danneggiato, ma in modo non decisivo, una parte del castello, e un bando di gestione oggi congelato perché l’impresa vincitrice è rimasta implicata in un’inchiesta post-sisma.

Visitando oggi il castello, il turista, o il semplice curioso autoctono, si trova di fronte ad un monumento all’occasione perduta.

Buona parte delle abitazioni del borgo fortificato sono state ristrutturate, grazie a finanziamenti europei arrivati negli anni ‘80, dopo che il Comune negli anni precedenti era riuscito ad acquisire al suo patrimonio le abitazioni private del borgo, che si stavano inesorabilmente degradando.

È stata l'occasione per restaurare la bellissima chiesa romanica di San Pietro, e le decine e decine di stanze, saloni, cantine dei palazzi gentilizi in stile quattrocentesco e delle più modeste abitazioni rurali delle servitù, con tanto di consolidamenti sismici, costosi solai di legno a vista, ampie vetrate, pavimenti in cotto, in vista di una futura destinazione d’uso turistico e ricettiva.





I fondi però non sono bastati a completare l’opera e il cantiere da oltre trent’anni è rimasto a metà, con intonaci non completati, scale, pavimenti e tramezzi interrotti, impianti elettrici e di riscaldamento solo abbozzati.

I locali dove i lavori son stati pressoché completati si stanno invece degradando con il passare degli anni.

Chiuso il cantiere, sono poi arrivati gli sciacalli, che nel castello deserto e incustodito, hanno portato via porte, infissi, sanitari, soprattutto le canale di prezioso rame che hanno abbellito solo per breve tempo un borgo che pareva a un passo dalla resurrezione.

La svolta, dopo tanto tempo trascorso invano da parte del Comune a trovare nuovi finanziamenti per il completamento dell’opera, sembrava essere finalmente arrivata nel febbraio del 2006 quando il sindaco Francesco Di Marco, assieme agli assessori regionali Mimmo Srour e Giovanni D’Amico, presentò un bando per l’affidamento in project financing dell’intero castello.

Il bando prevedeva il restauro completo e con materiali adeguati a carico del privato, mirato alla realizzazione di un distretto turistico-ricettivo, con tanto di botteghe artigianali, e beauty center, in cambio di un affidamento del castello per un periodo di 35 anni e la corresponsione di un canone minimo al Comune.

A vincere il bando, con convenzione firmata nel novembre 2008, la Tecno Appalti di Montorio a Vomano (Teramo), che si impegnata ad effettuare un investimento di 7-8 milioni di euro. per un progetto di recupero che poteva dare lavoro a oltre trenta addetti.





Pochi mesi dopo arriva però il terremoto del 6 aprile 2009, che ha danneggiato gravemente la parte del borgo fortificato non interessata al restauro, e alcuni punti delle mura. Perfettamente agibile però tutto il resto. Il terremoto ha ritardato ulteriormente la presa in gestione del castello e l’avvio dei lavori di restauro.

Il Comune prima con il sindaco Di Marco, poi dal maggio 2012 con Paolo Eusani, ha dovuto ovviamente dare priorità alla ricostruzione di Prata D’Ansidonia e delle sue due frazioni di Tussio e San Nicandro, significativamente colpite dal sisma.

Gli interventi di restauro post-sismico del castello sono stati comunque inseriti nel Piano di ricostruzione, ma è sorto il problema della loro quantificazione e ammissibilità visto che era un bene pubblico dato in affidamento in project financing.

Poi, ciliegina sulla torta, nel luglio 2015 deflagra l'inchiesta “Redde rationem” della Procura distrettuale antimafia dell'Aquila, che ha portato a 19 avvisi di garanzia, e agli arresti di cinque persone, tra cui gli imprenditori Maurizio e Andrea Polisini. Tecno appalti fa parte proprio del loro gruppo impenditoriale.

Le accuse, tutte da dimostrare, sono quelle di appalti affidati direttamente grazie alle mazzette per puntellare gli edifici danneggiati nel terremoto, pagamenti gonfiati rispetto ai materiali poi impiegati e richieste di denaro per tacere negli interrogatori in procura dettagli di alcune vicende illegali scoperte.

Il Comune a seguito di questo ennesimo incidente di percorso sta valutando ora le conseguenze dell'inchiesta sul project financing in essere, dando mandato ai suoi legali di prospettare cosa potrebbe accadere nella malaugurata ipotesi di una condanna della società vincitrice del bando.

Commenti da Facebook

RIPRODUZIONE RISERVATA
Download in PDF©


    Ti potrebbe interessare:

    ARTICOLI PIÙ VISTI: