L'EX CRONISTA DELLA STAMPA: ''QUELLA VOLTA ALL'AQUILA PER ONDINA VALLA''

BECCANTINI: IL CANTORE DELLA JUVE, ”CALCIOPOLI? UNA GUERRA TRA BANDE”

di Roberto Santilli

2 Maggio 2012 08:02

L'Aquila - Cronaca

L’AQUILA – Ufficialmente in pensione? Lui sì, anche se a rate, ma non certo la ‘beccantina’, parlata bolognese con cui spara perle di saggezza e rapide quanto efficaci stilettate.

Roberto Beccantini è una delle migliori penne del ‘vecchio’ giornalismo italiano (vecchio in senso lato, Beck), legato ‘anema e core’ alla carta stampata, all’inchiostro sui polpastrelli, insomma, alla bellezza di uno dei mestieri più antichi del mondo (per info e costi, chiedere a José Mourinho).

Una vita per il quotidiano La Stampa e una firma da far girare tra Guerin Sportivo, Tuttosport, La Gazzetta dello Sport, il Fatto Quotidiano. Ancora oggi, negli anni del meritato riposo.

In gloria e in disgrazia, tra l’altro, il Beck è stato il ‘primario’ dell’Ospedale’, ‘costola’ del ‘Sassolino nella scarpa’, blog o libero spazio che dir si voglia del quotidiano La Stampa dai quali si è dimesso il 31 agosto del 2010, tra le lacrime e gli strali dei ‘pazienti’ malati di pallone che in quell’ospedale hanno cercato e trovato le migliori cure per (non) guarire.

Con lui, con il Beccantini amato e odiato dalla tifoseria della sua Juventus per via delle ferite ancora fresche di Calciopoli, o Moggiopoli, o Farsopoli o quello che è, abbiamo scambiato quattro chiacchiere.

E intervistandolo, AbruzzoWeb ha scoperto che è stato all’Aquila di passaggio alla fine degli anni ’90 per intervistare quel fenomeno di Ondina Valla, ora in cielo, bolognese come lui e aquilana d’adozione, che ride ancora a un racconto su Omar Sivori dell’aquilano Angelo Caroli e che vede ‘troppo Moggi’ nello scandalo di Calciopoli.

Beck, lei è uno di quei forestieri che ha visto L’Aquila quando le ali erano ancora buone.

L’unica volta all’Aquila in tutta la mia vita, uno dei miei tipici passaggi fulminei, toccata e fuga nei luoghi più belli d’Italia. Passai per intervistare una lucidissima ‘Trebisonda’ Valla, campionessa olimpica degli 80 metri ostacoli a Berlino nel 1936, nonché prima donna italiana a vincere una medaglia d’oro ai Giochi olimpici. Bolognese come me, amica di zia Maggiorana, sorella di mia mamma. La ricordo insieme a una tutrice, stava benissimo. Non sbagliava un colpo.

Il 25 aprile 1995 morì Andrea Fortunato, ricordato anche quest’anno dalla tifoseria della Juventus. Lei era in Lituania.

Sì, a Vilnius per Lituania-Italia. Ho ancora in mente le lacrime di Fabrizio Ravanelli per la tragedia di un ragazzo così giovane strappato alla vita da una leucemia infame.

In quegli anni iniziò la grande Juventus poi spazzata via da Calciopoli, dopo dodici anni di successi. Lei non è mai stato tenero con Antonio Giraudo e Luciano Moggi, i ‘belzebù’ del calcio italiano. Molti tifosi bianconeri non l’hanno ancora perdonata.

Un giornalista non deve cercare le coccole, deve solo scrivere. Calciopoli ha diviso tifosi juventini e non, per adesso c’è una sentenza penale di primo grado che ha portato a condanne pensantissime. Va comunque aspettato l’appello, perché nelle motivazioni della sentenza firmata dal giudice Teresa Casoria c’è più di qualche punto poco chiaro che stride con la durezza delle condanne. Per adesso, credo che l’associazione a delinquere, seppure uscita molto debole, allontani Moggi e la triade dal resto del gruppo nel sistema calcio di allora. Ripeto, bisogna aspettare l’appello.

È come se si dicesse ‘il papa non fu ucciso, ma qualcuno ha sparato’. Manca, come ho detto e scritto più di una volta, la pistola fumante. Sul piano sportivo, però, le sentenze del 2006 tengono, nonostante molti tifosi continuino a parlare di complotto per fare fuori la Juventus. Snche se sembra un aborto giuridico la regola dell’imputato che deve dimostrare la propria innocenza, è così che funziona. Certo è che se la condanna di associazione a delinquere passasse in giudicato, le sentenze del 2006 sarebbero state addirittura troppo morbide.

E se fosse derubricata a frode sportiva?

Continuerei a chiedermi come mai le intercettazioni a carico degli altri dirigenti non siano state tenute fuori.

Cosa è cambiato oggi da quello scandalo?

Quasi niente. Prima giustificavo certe cose in base alla somma degli indizi, oggi no perché mancano le intercettazioni. Volendo, una scorta arbitrale la trovi in due mesi. Per capirci, credo che Calciopoli sia stata una guerra tra bande con ‘troppo’ Moggi.





Una guerra servita a coprire altri scandali, secondo le teorie di alcuni?

Ci sono stati tanti altri scandali, è vero. Il professor Manzella, mica l’ultimo arrivato, nel 2001 cambiò le regole sugli extracomunitari non prima dell’inizio del campionato, ma in corso. E a trarne vantaggio fu la Roma, che con un gol del giapponese Nakata, il quale beneficiò di quel cambio, fece fuori proprio la Juventus della Triade. Per non parlare del regalo di una categoria alla Fiorentina, dalla C2 finita in B con un saltello che accontentò tutto il Palazzo, Giraudo e altri compresi.

Insomma, la palude del sistema coinvolgeva tutti. E nella ‘no fly zone’ c’erano gli arbitri. Cito un altro caso? Il decreto Berlusconi regalò al Milan 240 milioni di euro, la Juventus ne restò fuori. Pensiamo anche all’ex patron del Parma Callisto Tanzi, che presentava sempre iscrizioni pulite, ma poi è finito in carcere. Una palude, questa è la parola migliore. Una palude per una guerra tra bande.

C’è chi crede che a rubare i campionati sia stata solo una squadra.

Alla fine il campionato è pulito solo se lo vince la tua squadra. Così ragionano quasi tutti i tifosi d’Italia.

L’Italia politica e pallonara, dirigenti, tifosi, elettori: una cosa sola?

L’Italia e il calcio sono la stesse cosa. Come nella politica, nel calcio, che è pieno di politica, mancano i grandi dirigenti. Basta guardare all’ex capo della Figc Franco Carraro, coinvolto in e uscito da Calciopoli come se non ci entrasse nulla. Proprio lui che esortava uno degli ex capi degli arbitri, Paolo Bergamo, a garantire la Lazio contro la Juventus. Siamo sempre allo stesso punto: la res privata può anche essere gestita benissimo, in questo caso qualche grande dirigente salta fuori. I guai arrivano quando c’è da gestire la res publica, la cosa di tutti.

E il complotto per eliminare la figura di Andrea Agnelli, oggi presidente della Juventus, presidente mancato all’epoca dello scandalo? Alcune delle radici più corpose di Calciopoli si perdono nelle stanze Agnelli-Elkann, roba di spartizione del tesoro Fiat dopo la morte dei due vecchi Gianni e Umberto Agnelli.

Mi cito da solo: se vuoi farmi fuori, non butti giù tutto il palazzo in cui abito: mi aspetti fuori e mi spari. Non credo ai complotti, ai giochi di potere sì, ma tutte queste teorie sugli intrecci per eliminare la Triade, Andrea Agnelli e il resto non mi hanno mai convinto. Moggi e Giraudo potevano essere allontanati in qualsiasi momento dalla proprietà, potevano andare al Milan da Berlusconi, anche se si dice che Adriano Galliani non li volesse tra i piedi e che abbia contribuito a farli fuori. Andrea Agnelli dove siede oggi? Alla Juventus, quindi tutte queste faide familiari dove sono? A meno che Andrea non sia uno ‘Iago’ moderno, fa tutto parte del gioco. Anche se non nascondo che di conti che non tornano in Calciopoli ce ne sono. E sono tanti.

Intanto, il Palazzo viene travolto al minimo soffio di vento. E tutti restano ben saldi sulle poltrone.

Basta guardare al lavoro di Giancarlo Abete in Figc, uno che non ha avuto il coraggio di revocare lo scudetto dato da Guido Rossi all’Inter, dopo che il capo della Procura federale Stefano Palazzi aveva scritto chiaramente che, se nel 2006 fossero uscite le intercettazioni a carico della società nerazzurra, al di là delle differenze evidenti tra i grandi numeri moggiani e i tentativi dell nerazzurro Giacinto Facchetti con gli abitri, sarebbe stata rinviata a giudizio con l’articolo 6.

Però nel 2006 Guido Rossi fece la differenza. Da una parte un ex consigliere dell’Inter che toglie lo scudetto alla Juventus, dall’altra l’avvocato Zaccone, colui che chiede la B per la Juventus.

Io sono uno che ha sempre difeso Zaccone. Lo juventino arrabbiato dimentica sempre che per la Juventus era prevista la serie C, ma faceva e fa ancora comodo a tutti far passare la strategia di Zaccone come una richiesta di patteggiamento per la Juventus. Falso. Zaccone non chiese la B, evitò la serie C.

A distanza di 6 anni le ferite e i buchi nell’inchiesta sono ancora lì.

Da quando sono in pensione non ascolto più il calcio chiacchierato. Per me, ripeto, nel mondo del palone italiano era in corso una guerra fra bande. Tutti lamentavano il diritto alla difesa, tutti si difendevano da tutti con vari sistemi e a vari livelli. Giraudo e Moggi sono stati puniti, la Juventus, ovviamente, anche. Altri molto meno.

Torniamo in Abruzzo. Le piace il Pescara di Zeman?

Moltissimo. Il boemo per me è sempre stato un grandissimo ‘mezzo’ allenatore. L’ho già scritto su ‘Linea Bianca’, io a Zeman non darei una squadra in lotta per lo scudetto, perché mi perde le partite vinte e mi vince le partite perse, ma se nella mia città arriva una squadra di Zeman la vado a vedere, questo è sicuro.

Come è stata gestita la vicenda del povero Piermario Morosini?





Su Morosini sono aperto a qualsiasi soluzione, purché ci sia un senso nel prendere le decisioni. Ricordo la morte di Renato Curi, mancava la tv ma colpì molto gli italiani. Su Morosini la Lega Calcio poteva comunque evitare di finire nel caos. Si può decidere di tutto, di giocare col lutto al braccio, oppure no, purché si faccia con serenità. Invece, è arrivata la solita cagnara. In Inghilterra con Muamba hanno sospeso la partita, per fortuna al giocatore è andata bene.

Noi abbiamo preferito dare il solito tocco di italianità alla tragedia. Capisco la tensione in quei momenti terribili, posso capire il nervosismo, ma la macchina che ostruisce l’ambulanza grida vendetta. Non esistono scuse per un esempio perfetto di cialtroneria italiana, il tocco di farsa in una grande tragedia.

Altra tragedia e altre farse: il terremoto dell’Aquila.

C’è l’Italia dentro, le illusioni di Berlusconi, l’ikeismo di Berlusconi e la mancanza di grandi politici e dirigenti. Mi addolora sapere di una città stupenda, una delle più belle tra le più belle d’Italia, ridotta così male. Anche qui, l’italianità si vede e si sente. Di fronte a queste tragedie noi italiani reagiamo bene, ma alla lunga cediamo. Mi auguro che possano essere risolti i vostri guai, che poi sono anche i nostri.

Lei conosce bene un aquilano vero, Caroli, un solo gol, contro il suo Bologna, nella Juventus di Sivori, Charles e Boniperti. Grandissimo atleta, grandissima carriera lontano dall’Aquila.

Il mio amico Angelo. Mi raccontò uno degli episodi che più mi hanno fatto ridere in vita mia. Il Bologna segnò alla Juventus su punizione, in porta c’era Mattrel. Al gol Sivori sputò per terra, Mattrel si giustificò con un poco convincente ‘ero coperto’; a quel punto, Sivori sputò un’altra volta per terra e gli urlò ‘la prossima volta scopriti, stronzo!’. Caroli era lì, vide e sentì tutto. Una scena fenomenale.

Capitolo scommesse. La bomba è lì lì per esplodere.

Esploderà. Il ‘bubbone’ c’è ed è pure enorme. L’allenatore della Juventus Antonio Conte si è visto tirato in ballo, si parla di omessa denuncia come per gli ex Bari Bonucci e Pepe, oggi alla Juve, ma i colpevoli sono altri e credo che gli arresti lo dimostrino. Spero che almeno in questa vicenda non penseremo a come stanno i carnefici. Preoccupiamoci, per una volta, delle vittime.

Il giornalista Marco Travaglio lamenta il ritorno dietro di Moggi e Giraudo dietro le quinte della Juventus.

Non lo so, di sicuro Andrea Agnelli è il Giraudo della Juventus, metta l’opera di Giraudo nella Juventus. Nella gestione del caso dell’ultima stagione di Alex Del Piero in bianconero rivedo proprio Giraudo, con cui Agnelli è cresciuto. Il ruolo è quello, è operativo, molto diverso dai ruoli di Vittorio Chiusano, o Franzo Grande Stevens. La proprietà è lontana, si vede a malapena l’ombra. Andrea invece è lì, è dentro. E, da come calcia, si capisce che è uno che usa gli stivali.

Nel calcio di oggi si deve vincere per forza, non c’è spazio per i secondi posti. Lei, però, la sua Juve la ama lo stesso, tanto per parafrasare il titolo di un suo libro.

Mi viene in mente una frase di mister Antonio Conte: ‘solo chi vince fa la storia’. Non sono d’accordo. Pensiamo all’Ungheria di Puskas, ha vinto e ha fatto la storia perdendo la partita più importante. L’Olanda di Crujiff idem, ha perso e ha fatto la storia. A voler vincere sempre e senza pensare al costo fisico non si sa mai dove si arriva. A Conte dico che la sua prima Juventus la ricorderò lo stesso anche se arrivasse seconda, seppure in un campionato mediocre. Ora, però, faccio gli scongiuri.

Se vincesse questo scudetto ci sarebbe la questione della terza stella. 27 scudetti? O 29?

Io non la metterei, perché porta pure malissimo. E cito i vecchi latini: ‘dura lex, sed lex’, c’è poco da fare. Il presidente della Figc Abete anche in questo caso latita, non si sa da che parte sia, le regole sono quasi sempre troppo lontane, sullo sfondo del nostro calcio e in generale del sistema Italia. C’è aria di compromesso democristiano secondo me. I giornali scrivono che Zlatan Ibrahomovic ha vinto 8 scudetti, quindi includono anche quelli tolti alla Juventus e i gol segnati in bianconero. Idem con Diego Milito: il Genoa venne retrocesso nell’allora serie C per la famosa valigetta piena di soldi, ma i gol del ‘Principe’ restano.

Se siamo ancora qui a parlarne vuol dire che Calciopoli, o come ognuno intende chiamare quel momento del calcio italiano, non è un argomento chiuso. Tante certezze, lei dice, ma anche tanti dubbi. E tanti personaggi rimasti fuori dalla giostra.

Non ci sono angeli in galera, ma diavoli a piede libero. E mi chiedo: cosa sarebbe successo dal punto di vista sportivo a Moggi e Giraudo se fossero morti prima del processo del 2006, come accaduto a Facchetti?

Chiudiamo questa lunga intervista con un moderno adagio del ‘primario’ Beccantini?

Secondo un antico proverbio cinese, “Quando il saggio indica le stelle, lo stolto guarda il dito”. Secondo un moderno adagio del Primario, “Quando il saggio indica il dito, lo stolto guarda le stelle”…

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