INCONTRO A FOSSA SUL BANDO DA 9 MILIONI PROGETTI TURISTICI IN AREE SISMA ''SE NON CAMBIANO LE REGOLE, MOLTI BENEFICIARI DOVRANNO RINUNCIARE''

BANDO INVITALIA: IRRISOLTI NODI DI ACCESSO AL CREDITO E PROROGA PER NUOVO CRATERE

di Filippo Tronca

30 Maggio 2017 07:00

L'Aquila -

L'AQUILA – Una convenzione con le banche che ancora resta sulla carta, con grande preoccupazione delle aziende che non hanno fondi propri da investire in anticipo, e rischiano così di restare al palo. La mancata proroga a favore delle aziende che operano nelle aree colpite dai terremoti dell'agosto e ottobre 2016 e gennaio 2017, che rischiano anche loro un salto nel buio.

Sono questi i due nodi fondamentali, e irrisolti, al centro del serrato confronto tra imprenditori, amministratori e l'alto dirigente dell'Agenzia governativa di Invitalia Paolo Massimi di ieri al centro polivalente di Fossa (L'Aquila), in merito al bando da 12 milioni di euro per progetti turistici e di valorizzazione e promozione delle “eccellenze del territorio”, nei 56 comuni del cratere sismico del 6 aprile 2009 e che attinge ai fondi del 4 per cento della ricostruzione.

Relativamente al primo asse sono state accettate 81 domande, che riceveranno risorse a fondo perduto del 70 per cento del valore dell'investimento, l'80 per cento se il progetto è di rete, fino a un massimo di 200 mila euro, soglia che non può essere sforata per le leggi europee del “de minimis”.

Il secondo asse del bando, non oggetto della riunione di ieri, mette a disposizione 3 milioni per progetti finalizzati “alla valorizzazione e promozione delle eccellenze locali, produttive, culturali e naturali, per accrescerne la visibilità e riconoscibilità”. In questo caso è previsto un contributo a fondo perduto nella misura dell’80 per cento dell’investimento proposto, con un massimo di 35 mila euro.

Il primo problema, evidenziato da tanti imprenditori ai tecnici di Invitalia, è la difficoltà di accesso al credito per tante aziende che operano in aree terremotate, mese in piedi da giovani volenterosi, e che si sono viste approvare il loro progetto, che beneficia certo fino al 70-80 per cento di fondi da non restituire, ma che impone comunque di mettere di tasca propria il 20-30 per cento dell'investimento, che va versato man mano, durante la realizzazione del progetto, altrimenti non arrivano nemmeno le risorse a fondo perduto.





A conti fatti, su un finanziamento di 250 mila euro, il beneficiario deve mettercene circa 100 mila (anche l'Iva è carico suo) e impegnarsi, pena la restituzione del finanziamento, a far decollare il progetto entro 180 giorni.

Invitalia aveva varato una convenzione con l'Associazione bancaria italiana (Abi) per consentire alle imprese più fragili e senza spalle coperte di minimizzare l'anticipo di risorse. Ma a oggi, ha ammesso allargando le braccia lo stesso dirigente Massimi, nessun istituto bancario ha aderito alla convenzione.

Ad AbruzzoWeb il consulente d'azienda Massimo Terzuoli, presente all'incontro perché segue più di un progetto beneficiario del bando Invitalia, spiega il paradosso e i rischi di questa situazione.

“La convenzione Invitalia e Abi prevedeva la creazione di un conto vincolato gestito direttamente da Invitalia, dove versare gli anticipi per pagare a ogni stato di avanzamento dei lavori, relativi al progetto, necessari a pagare le varie spese e fornitori, da restituire in un secondo momento – ricorda – Senza, cioè, che debba essere il beneficiario a pagare e quietanzare subito e di tasca propria tutte le fatture a ogni Sal. Un bell'aiuto per tanti progetti finanziati, portati avanti da giovani che non hanno grandi capitali iniziali”.

Il problema, però, è appunto che questa possibilità resta solo sulla carta, visto che nessuna banca ha a oggi aderito alla convenzione.





“Altro problema – aggiunge Terzuoli – è che non si può, in corso d'opera, variare il regime di pagamento le regole del bando dicono cioè che alla convezione devo aderire subito, dall'inizio. Non posso cominciare a pagare i Sal di tasca mia, e poi aderire alla convezione. Un paradosso, perché di fatto questa seconda opzione non esiste. Se non si cambiano queste regole, il rischio è che non poche imprese che hanno vinto il bando, dovranno rinunciare in partenza, per mancanza di liquidità, perché non hanno la capacità finanziaria di portare a compimento l'investimento”.

L'altro problema, anch'esso rimasto senza risposta, è la proroga da concedere a numerosi progetti presentati e approvati nei territori abruzzesi, del Teramano e dell’Aquilano, colpiti dal terremoto dell'agosto 2016, e poi ancora quelli di ottobre e gennaio, quando ancora a fatica si stavano riprendendo dal sisma del 2009.

L'emergenza sismica ha mutato lo scenario dei progetti concepiti prima delle nuove emergenze, e ora buona parte di quei fondi rischia di non poter essere utilizzata se non si concedono deroghe, se non si ripensano i termini dell’intervento, visto che lo scenario è mutato radicalmente. le presenze turistiche, per esempio, sono crollate, molti centri storici sono inagibili e prima non lo erano, aziende beneficiarie si sono viste danneggiate strutture e attrezzature che erano indispensabili e strategiche per il progetto presentato a Invitalia.

Il bando prevede, come detto, un termine di 180 giorni per far decollare il progetto, per aprire l'attività. Troppo poco questo lasso di tempo, per i progetti che insistono nel nuovo cratere, e la richiesta è stata quella di allungare i termini di avvio da 180 giorni a 5 anni, o dare la possibilità di ricalibrarlo.

Ma il dirigente Massimi nel corso della riunione ha spiegato che non può essere Invitalia a concedere una proroga del genere, serve un intervento del ministero dell'Economia e delle finanze, che dovrebbe emanare una circolare ad hoc, che modifica le regole del bando. La partita dunque da tecnica si fa politica.

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