''LE COOPERATIVE E CONSORZIO FIDI NON BASTANO, SI ATTIVA BRUTTA SPIRALE''

AZIENDE AL TRACOLLO E BANCHE SPIETATE: ‘NIENTE PRESTITI, NEANCHE CON GARANZIE’

di Filippo Tronca

18 Settembre 2014 09:16

Regione - Economia

L'AQUILA – Aziende e cittadini abruzzesi, oppressi dalla crisi economica, hanno sempre più difficoltà a farsi prestare soldi dalle banche, anche se godono del sostegno degli oltre 20 consorzi Fidi e cooperative di garanzia. E a complicare le cose per gli addetti ai lavori ci si mette la Regione Abruzzo, che da anni non investe per ridurre il credit crunch, la stretta del credito.

Il preoccupante fenomeno, che sta causando fallimenti a catena e un crescente rischio di cadere nella rete degli usurai, lo conferma ad AbruzzoWeb un osservatore privilegiato, Mario Del Corvo, presidente della Cooperativa di garanzia Regione Abruzzo, che conta oltre 1.600 soci tra liberi professionisti, piccole e medie imprese.

Scopo della cooperativa è aiutare i soci ad accedere a un prestito da parte di una banca, offrendo garanzie che in media coprono il 50 per cento della cifra e che, in casi particolari, grazie alla legge antiusura, possono arrivare al 90 per cento.

“Nonostante la nostra intermediazione – spiega Del Corvo – l’accesso al credito negli ultimi anni diventa sempre più problematico. La metà delle istruttorie non va a buon fine perché sono le banche a dire di no, e questo è un segnale molto preoccupante, perché se le banche non aprono il rubinetto, per di più in condizioni ottimali, l’economia non riparte, e si attiva anzi una spirale negativa”.





I numeri, del resto, parlano chiaro: la cooperativa nel 2009 riusciva a far attivare prestiti per 8 milioni di euro, nel 2013 si è scesi a 5 milioni.

Affidarsi all’aiuto di una cooperativa di garanzia, per una piccola azienda in difficoltà, rappresenta spesso l’ultima spiaggia, oltre cui c’è il fallimento. E non è un caso, dunque, che l’Abruzzo, secondo una ricerca della Confederazione generale italiana dell’artigianato (Cgia) di Mestre, sia sul podio nazionale per il rischio di cadere vittime di usura,  proprio per i pochi prestiti erogati dalle banche.

Ma c’è anche un altro motivo per mettere sul banco degli imputati il sistema bancario.

“La Banca centrale europea – continua Del Corvo – ha girato oltre 250 miliardi ai nostri istituti di credito, al tasso dell’1 per cento, ma questi soldi sono serviti a sanare i debiti delle banche e molto meno ad aiutare le piccole medie imprese”.

Anche qui la conferma arriva dai numeri: i prestiti bancari a famiglie e imprese, secondo la Cgia di Mestre, negli ultimi 2 anni sono scesi di quasi 100 miliardi di euro, nonostante queste iniezioni di liquidità e di denaro a buon mercato incamerato dalle banche.





A questo va aggiunto che i tassi di interesse applicati ai prestiti non calano in proporzione al rating generale del Paese.

“Facciamoci due conti – snocciola Del Corvo – quando il rating era a quota 450-500, i tassi erano dall’8 al 13 per cento. Oggi il rating si è abbassato al 130 ma i tassi non sono diminuiti. Evidentemente c’è qualcosa che non va. E aggiungiamoci pure che le banche, talvolta, non si comportano correttamente: se un cliente ha uno scoperto, la banca tarda a rinnovarti il fido, lo manda in sofferenza, e il tasso di interesse in questo modo schizza al 14  per cento, al limite dell’usura”.

Del Corvo punta il dito anche sulla Regione Abruzzo, che da 4 anni non dà più un euro ai Consorzi fidi ed alle Cooperative di garanzia, per facilitare l’accesso al credito. L’ultima erogazione risale al 2008, quando governare c’era Ottaviano Del Turco.

“La nostra cooperativa di garanzia – commenta Del Corvo – ha ricevuto 511 mila euro nel 2008, poi più nulla, proprio quando la crisi ha iniziato a mordere e le imprese avevano bisogno di sostegno. La nostra Regione, in controtendenza con le altre a livello nazionale, non ha trovato il modo di sostenere adeguatamente le uniche strutture che attenuano lo strapotere delle banche nei confronti della piccola impresa”.

“I fondi regionali – conclude –  sono per noi importanti, perché grazie a essi possiamo abbassare i tassi di interesse per le aziende che hanno rating più alti, cioè sono più a rischio di insolvenza, dal 5 per cento all’1 per cento di media, come per le aziende più solide”.

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