AREE BIANCHE: BOCCIATURA-BIS A PROVINCIA, DEVE RISARCIRE PROPRIETA’

di Alberto Orsini

20 Marzo 2012 08:05

L'Aquila -

L’AQUILA – Dopo il Tar anche il Consiglio di Stato, secondo grado della giustizia amministrativa, bacchetta la Provincia dell’Aquila per la sua “melina” fatta di silenzi e perdite di tempo sulle aree bianche, questione ormai diventata di dominio pubblico e anche ambito di discussione per la prossima campagna elettorale.

Si tratta di zone con un vincolo urbanistico decaduto che, per quasi trent’anni, non sono state normate nuovamente dal Comune capoluogo, scatenando una selva di ricorsi al Tar e la successiva assegnazione di poteri normativi a commissari ad acta che ne decidono il destino, ovviamente occupandosi del singolo caso invece di badare a una strategia complessiva di pianificazione.

Di recente l’amministrazione comunale ha presentato l’attesa nuova normativa attraverso una delibera, ma quale che sia il destino del provvedimento, passato in Giunta e in attesa del vaglio in zona Cesarini del Consiglio comunale prossimo allo scioglimento (ieri il primo tentativo è andato maldestramente a vuoto), comunque non andrà a incidere sulle aree in cui il giudici hanno già indicato il commissario.

È il caso di Francesco Rivera e Violanda Di Bonaventura, proprietari di un’area nel quartiere di San Sisto, vicino al complesso sportivo Verde Aqua, divenuta nel tempo la “mamma” di tutte le aree bianche, visto che la battaglia per la normazione si trascina dal 2006.

La Provincia ha provato ad appellare la sentenza numero 548/2011, con cui il Tar imponeva di risarcire i proprietari dell’area bianca a causa dei mancati guadagni per il ritardo con cui l’ente ha proceduto a emettere l’atto di non contrasto della variante commissariale con il piano territoriale di coordinamento provinciale.





“Anche il tempo è un bene della vita e deve essere risarcito”, ha scritto nel dispositivo il giudice amministrativo di primo grado, applicando un principio previsto dalla riforma dell’ex ministro Renato Brunetta.

Di tutt’altro parere l’amministrazione provinciale, che ha affidato la richiesta di sospensiva dell’efficacia di questa sentenza a un principe del foro, l’avvocato romano Paolo Nesta, ma è andata male.

Il Consiglio di Stato, infatti, ha ravvisato “l’evidente insussistenza di un pregiudizio apprezzabile” ai sensi dell’articolo 98 del Codice del processo amministrativo: insomma, dall’esecuzione della sentenza non deriva un “pregiudizio grave e irreparabile” per l’ente.

Di qui la bocciatura della richiesta di sospensiva, mentre la Provincia dovrà pagare anche le spese, “vista la palese insussistenza del pregiudizio”.

Adesso si attende l’udienza di merito, che potrebbe tenersi subito prima o subito dopo la pausa estiva. Ma con queste premesse, difficile pensare a un accoglimento da parte del Consiglio di Stato.





Curiosità è che un contenzioso di questa portata, che si trascina da anni, potrebbe avere anche ripercussioni politiche.

Il figlio della coppia di proprietari è infatti Vincenzo Rivera, già consigliere comunale del Partito democratico e nominato di recente assessore all’Anagrafe, al Contenzioso e ai Rapporti con il ministero dell’Economia.

I due enti, Comune e Provincia in questo momento hanno colori politici opposti.

Altro aspetto particolare della vicenda è che mentre i primi atti della Provincia furono firmati dall’allora dirigente dell’ente Francesco Bonanni, in passato anche assessore all’Urbanistica del Comune con la sindacatura di centrodestra, gli ultimi provvedimenti recano la firma di un’altra dirigente, in continuità con la linea precedente.

Qualora arrivassero bocciature dai giudici amministrativi o peggio ancora sentenze della Corte dei conti, sarebbe proprio quest’ultima a finire nel ciclone.

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