ALLA SCOPERTA DELLE DONNE ABRUZZESI: MONICA PELLICCIONE, MAMMA E GIORNALISTA

25 Giugno 2016 06:30

L'Aquila -

L’AQUILA – Vent’anni di carriera alle spalle, dagli esordi in televisione alla carta stampata, per poi collezionare una lunga serie di esperienze professionali come responsabile di uffici stampa e relazioni esterne di importanti società.

Monica Pelliccione, 43 anni, giornalista e scrittrice aquilana, firma storica del quotidiano abruzzese Il Centro, ha scelto di non lasciare la sua città, nonostante le proposte arrivate da fuori regione. Non lo ha fatto neppure dopo il terremoto del 6 aprile 2009: troppo forte il legame con la sua terra.

Con lei, professionista della comunicazione e profonda conoscitrice del territorio e delle sue mutazioni causate dal terribile sisma che ha seminato morte e devastazione, AbruzzoWeb comincia un viaggio conoscitivo, che proseguirà con altre autorevoli testimonianze, per approfondire il mondo delle donne abruzzesi.

Dal ruolo di mamma, moglie e professionista, fino ai valori più profondi e alle espressioni più intime dell’essere donna. Al di là di stereotipi e luoghi comuni, la situazione dopo il sisma dell'Aquila è peggiorata, soprattutto per le cosiddette donne in carriera che possono vantare anche un bell’aspetto.

In tal senso la Pelliccione, pur non lanciando un allarme, conferma le maggiori difficoltà in un momento nel quale è attualissimo e molto preoccupante il tema della violenza sul genere femminile.

“Finché la società continuerà a trattare la donna come un simbolo di possesso e di subordinazione nei confronti del genere maschile, assisteremo impotenti a un crescendo di episodi di violenza fisica e psicologica – dichiara la Pelliccione – Ai casi che continuano a riempire le cronache nazionali, uno su tutti che mi ha colpito particolarmente e che ho avuto modo di approfondire in un incontro, all’Aquila, con il giornalista di cronaca nera, Salvo Sottile, è quello di Melania Rea, si aggiunge un sommerso fatto di soprusi quotidiani e della mancanza, da parte della donna, di reagire con coraggio e libertà di azione ad una condizione di sottomissione che non più accettabile”.

“In una città di provincia come la nostra, emergere e ritagliarsi uno spazio che soddisfi le condizioni di donna, professionista e mamma di famiglia, è ancora difficile, ma non impossibile. Le donne si stanno facendo strada in politica, nel management aziendale, sono sempre più spesso ai vertici di grandi gruppi industriali – rileva – Abbiamo ottime donne avvocato, medici, ricercatrici, dirigenti. Il mutamento delle condizioni storiche dell’universo femminile è in atto, ma va accompagnato”.

Uno dei motivi che hanno convinto la giornalista a rimanere all’Aquila è legato al fatto che “ricominciare da qui, dalle macerie e da un tessuto sociale quasi completamente disgregato, dando voce all’informazione, significava contribuire a costruire un pezzettino del lento cammino di rinascita dell’Aquila e del suo comprensorio”.





E visti i risultati che sta ottenendo nella sua carriera, la 43enne aquilana è riuscita nell’intento di continuare la crescita professionale e dare una mano alla città che ama, sul cui rilancio è ottimista; una situazione che va a mitigare la preoccupazione per una strada che, per le donne, si è fatta in salita.

Perché a suo avviso all’Aquila dopo il sisma sono peggiorate le condizioni perché una donna possa esprimere liberamente il proprio essere e le proprie qualità?

Il sisma ha inciso negativamente sullo “status” che, di solito, rivestono le donne nella nostra società. Ha mutato enormemente, per questioni logistiche, i tempi d’azione creando barriere nella comunicazione quotidiana, nello scambio di opinioni, nella socialità. Per le donne aquilane, soprattutto se in carriera, è sempre più difficile portare a termine tutto, in tempi rapidi, e farlo senza sbavature.

Essere una donna di bell’aspetto è un vantaggio o un limite per la carriera?

In una realtà di provincia come quella in cui vivo, ha sempre rappresentato un ostacolo, al contrario di quel che si può pensare. Troppo facilmente i meriti professionali vengono legati a doppio filo alla possibilità di scalare la vetta grazie a corsie preferenziali, al proprio appeal. Intelligenza e capacità rischiano di diventare un’appendice e passare in secondo piano. Il binomio donna-professionista non è sempre scontato. E si fa fatica ad imporsi in un mondo dominato ancora dagli uomini. Ma anche questa è una sfida. Nella classifica delle priorità comunque, al primo posto, per me c’è sempre stata la famiglia. Poi, viene la carriera.

Quanto è difficile, oggi, essere donna, mamma, professionista in una realtà complessa come quella aquilana?

È una scelta di vita. Costa sacrificio e una buona dose di pazienza e tenacia. A oltre sette anni dal sisma, la stagione che viviamo è avulsa da una quotidianità autentica. Se prima del terremoto conciliare il ruolo di madre e moglie in carriera era complicato, lo è ancor di più adesso con tempistiche dilatate, una città estesa a dismisura e la mancanza di punti di riferimento stabili.

Quali le distorsioni più grandi?

Innanzitutto un tessuto sociale disgregato, che pone un freno ai rapporti relazionali e sociali. Ma non è solo questo. L’impegno più grande, che assorbe la nostra generazione, è quello di ricostruire un alveo che possa dare un futuro stabile e duraturo ai nostri figli. Dove vivere una vita serena, autentica, con prospettive di occupazione e di crescita culturale ed economica. Gli ostacoli sono ancora tanti. Essere un professionista che lavora e opera all’Aquila significa soprattutto questo: superare il gap della mancanza di relazioni costanti, che si costruiscono a fatica, di luoghi di aggregazione e di incontro. Tutto è più nebuloso, incerto.





Da dove nasce, allora, la scelta di restare all’Aquila, nonostante importanti offerte di lavoro fuori regione?

Amo in modo viscerale la mia città. Qui ho la mia famiglia, gli amici di sempre, il mio lavoro. Non potrei pensarmi altrove, se non laddove sono. È un legame forte, mai sopito, neppure nei momenti più difficili. Dopo il sisma l’adrenalina è cresciuta e, insieme, la voglia di riscatto. Di fare qualcosa per me e per la mia gente. L’Aquila è bellissima, tornerà tale. Lo è per fascino, cultura, memoria storica. Raccontare quotidianamente il percorso che gli aquilani stanno facendo per risalire la china, accendere i riflettori su questa realtà, lavorare con imprese del territorio, mi riempie di orgoglio. Mi fa sentire appieno parte di una comunità splendida, di una terra forte e gentile.

Vent’anni fa l’esordio come giornalista televisiva. Poi, l’approdo al quotidiano Il Centro. Oggi quali sono i suoi impegni?

La mia agenda è fittissima: incontri, colazioni di lavoro, appuntamenti fuori città. Tutto ruota intorno al mondo della comunicazione, il mio mondo. Raccolgo spunti e informazioni e ne faccio un racconto. Ho avuto maestri importanti che, penna e taccuino alla mano, mi hanno insegnato il mestiere, ai quali è legata buona parte del mio percorso. Potrei citarli tutti, ma sento di dover fare un ringraziamento pubblico a Giustino Parisse, caporedattore del Centro, un amico, un uomo di altri tempi, un punto di riferimento assoluto per me, a cui devo molto. È nel quotidiano d’Abruzzo, con cui tuttora collaboro, che ho mosso i primi passi. Nel corso del mio cammino professionale ho incontrato tante persone che hanno creduto nelle mie capacità. Un crescendo di relazioni che mi hanno portato a prestigiose collaborazioni con Kataweb, l’Agenzia giornalistica Italia, la Banca di credito cooperativo di Roma, la Cisl, la Camera di commercio dell’Aquila come corrispondente e responsabile di uffici stampa. E, in tutto questo, ho trovato il tempo anche di pubblicare tre libri, che hanno sempre come tema centrale il mio rapporto con il territorio.

Cosa ti aspetti dal futuro?

Mi ritengo fortunata per aver realizzato molti dei miei sogni: un lavoro che mi piace, una famiglia, gli amici. Pilastri fondamentali della mia vita, che hanno creduto nelle mia capacità professionali e continuano a scommettere su di me. E’ questo il traguardo più bello. Quanto al futuro, penso a una crescita professionale che vada di pari passo con il mio impegno sul campo, con soddisfazioni che non appartengono solo a me, ma all’intera squadra di cui faccio parte. E, non da ultimo, alla mia città.

Riusciranno la città, il territorio colpiti dal sisma a risollevarsi e a risorgere?

Ne sono certa. Guardo le gru che svettano sul centro storico, le mura antiche illuminate, la basilica di San Bernardino, nel suo immenso splendore. Poco più in là, sotto i portici, i ragazzi riuniti in gruppetti che sorridono, si abbracciano, parlano della loro città. E dimostrano di amarla immensamente. Tutto questo mi fa pensare che L’Aquila ce la farà. (b.s.)

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