L'AQUILA: ANCORA PROBLEMI PER L'AZIENDA CHE SI E' INSEDIATA NEL TECNOPOLO D'ABRUZZO, L'IMPEGNO CON IL COMUNE ERA ASSUMERE 90 ADDETTI, NE SONO POCO PIU' DI 50.

ACCORD PHOENIX, TRE ANNI SONO PASSATI, MA MOLTI MENO OCCUPATI DI QUELLI PREVISTI

9 Marzo 2019 07:11

L'Aquila - Economia

L'AQUILA – Circa 3 milioni e 263 mila euro di passivo, iscritti nel bilancio del 2017, e solo 49 addetti al 30 settembre 2018. Molti meno delle 90 assunzioni che erano state garantite al Comune dell'Aquila come condizione per la cessione dello stabilimento ex Flextronics avvenuta nel febbraio 2016.

E ancora, una produzione che sarebbe ridotta rispetto alle aspettative, con gli incassi non sosterrebbero i costi, e conseguenti problemi a pagare gli stipendi e i fornitori.

E' la difficile situazione in cui si trova Accord Phoenix, azienda aquilana che ricava materie prime dal trattamento dei rifiuti elettronici, in un'ottica dell'economia circolare, che ha avviato le attività a febbraio 2018. Insediandosi nel centro industriale gestito dal Tecnopolo d'Abruzzo, in località boschetto di Pile a L'Aquila, che negli ultimi anni ha riportato attività e lavoro negli stabilimenti desertificati dalla crisi del polo elettronico.

L'operazione Accord è stata fortemente voluta, sin dal 2013, in primis dal sindaco dell'Aquila Massimo Cialente, dal vicepresidente della Regione con delega alle attività produttive Giovanni Lolli, e dalla parlamentare Stefania Pezzopane, tutti e tre del Partito democratico, e che si sono prodigati a far integrare l'investimento privato di 45 milioni di euro, con altri 10 milioni di euro a fondo perduto dei finanziamenti Cipe del “4 per cento”, riservato alle aziende che investono nelle aree colpite dal sisma del 6 aprile 2009.

Ma da subito pesanti dubbi, e relative polemiche politiche, sono state sollevate su un core business, quello di Accord, incentrato su un settore non più promettente come il riciclo del materiale elettronico, e anche sulle effettive capacità finanziarie dell'investitore anglo-indiano Ravi Shankar, ex ad di Accord, società per di più controllata per due terzi da Enertil Investments, che ha sede a Cipro, paese considerato, fino al marzo 2014, un paradiso fiscale.

Poi a dicembre 2016, un'altra doccia fredda: la Guardia di Finanza ha posto i sigilli all'area produttiva, in quanto nello stabilimento sarebbero stati stoccati rifiuti pericolosi e non, per complessivi 105 mila chilogrammi di scarti di materiale elettronico, monitor in particolare, seppure non fossero state istruite le dovute autorizzazione.

Shankar a seguito dell'azione giudiziaria che ne è seguita, dopo aver patteggiato tre mesi, è uscito dunque di scena nella primavera del 2017, dimettendosi da presidente. Resta, comunque, azionista di maggioranza.





Nonostante tutto, Accord ha tenuto duro, ha respinto tutte le accuse, ha effettuato i lavori di adeguamento del sito produttivo, e guidata da Giuseppe Carrella, ex amministratore Telecom e Ferrovie dello Stato, ora sostituito dal manager Francesco Baldarelli ha inaugurato lo stabilimento a febbraio 2018, con taglio del nastro affidato al sindaco di Fratelli d'Italia Pierluigi Biondi.

“Ad oggi, sono 40 le persone impiegate: man mano che crescerà la produzione verranno assunti altri lavoratori; se rispetteremo il piano, arriveremo presto a produzione piena e, per quel tempo, saremo almeno in 140”, aveva ribadito tra l'entusiasmo generale Carella.

“È una sfida iniziata nel 2013, quando tra parlamentari e Regione pensammo a questa possibilità, una scommessa che oggi possiamo dire di aver vinto, importante per il tessuto produttivo dell'Aquila e non solo”, ha subito dichiarato l'onorevole Pezzopane.

Ma l'entusiasmo rischia di venir meno: ad ottobre scorso si è registrato un duro scontro tra il sindacato Fiom e il direttore Baldarelli sul ritardo dei pagamenti degli stipendi, e i livelli di sicurezza nello stabilimento.

A cui si aggiungono problemi nel pagare i fornitori.

L'azienda ha respinto ogni accusa, e ha assicurato che tutto va per il verso giusto.

Un dato però appare inoppugnabile: le persone assunte, parte delle quali erano rimaste disoccupate con la crisi del polo elettronico, sono molte di meno, rispetto all'impegno, messo nero su bianco nell'Avviso di vendita del Comune dell'Aquila, della una porzione di fabbricato nel complesso Flextronics dove ora Accord Phoenix opera, dopo averlo acquistato al costo di 1,7 milioni circa.

Ecco il passaggio del documento: “possono manifestare interesse all'acquisto dell'immobile”, quelle imprese che “assicurino come livelli occupazionali minimi, 90 unità entro 12 mesi dall'avviamento delle attività produttive, e comunque entro 3 anni dalla stipula del contratto di compra-vendita”. Poi, a regime “150 unità a termine di tutto il processo di avviamento, e comunque entro 10 anni dalla stipula del contratto di compravendita”. L'atto di compravendita è stato effettuato il 24 febbraio del 2016. Sono passati dunque poco più di 3 anni, ma i dipendenti, come si legge nella visura depositata alla Camera di commercio, e aggiornata al 30 settembre 2018, sono 49. A cui poi se ne sono aggiunti altri cinque, in base alle informazioni più recenti, ma siamo ben lontani comunque dai 90 dovuti per legge.





Ad essere pignoli nell'avviso c'è anche scritto che l'operatore economico “dovrà restituire il bene acquistato qualora non vengano rispettati gli impegni assunti in ordine ai livelli occupazionali dichiarati”.

Pesa poi il passivo di oltre 3,2 milioni, ma come aveva anticipato il responsabile finanziario Michele Polini, la causa sarebbe il sequestro del sito da dicembre 2016 a luglio 2017 che, di fatto, ci ha permesso di mettere in esercizio l'impianto soltanto a fine ottobre”.

E infatti nel bilancio 2017 il valore della produzione è quantificato in 3 milioni e 19 mila euro circa, ma i ricavi sono ancora fermi a 2.672 euro. Il bilancio 2017 però fa poco testo, sarà piuttosto il bilancio 2018, ad attestare la bontà e sostenibilità dell'investimento.

Le polemiche che sono esplose in autunno non invitano però all'ottimismo. A seguito di una segnalazione dei lavoratori per una fuoriuscita di polveri di toner, la Fiom ha tempestivamente richiesto a settembre un incontro urgente all'azienda, sul tema della salute dei lavoratori e non solo.

L'Accord ha replicato che si è trattato di un episodio isolato, spiegando di essere all'avanguardia per protocolli di sicurezza.

La Fiom ha però incalzato sulla “difficoltà finanziaria della società, e le problematiche che determinano un ritardo quasi costante nel pagamenti degli stipendi”. Tornando a mettendo in dubbio la bontà del piano industriale, della effettiva capacità di piazzare sul mercato il materiale prodotto nello stabilimento.

L'Accord anche il questo caso ha assicurato sull' avvenuto pagamento dei lavoratori, e che sul fatto che non ha mai mancato un mese di stipendio. “Stiamo occupando 53 persone – ha affermato il dg Baldarelli a fine ottobre – e siamo intenzionati ad assumerne altri, e i lavoratori sono tutti a tempo indeterminato, per scelta, qui non ci sono contratti interinali. Chiediamo soltanto di poter lavorare con serenità”.

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