PESANTI OMBRE SU ATTIVITA' IMPRESA AQUILANA NELLE CARTE DELL'INCHIESTA DELLA PROCURA CHE PORTATO A SEQUESTRO DI 5 MILIONI DI FONDI PUBBLICI; UN'ADETTA, ''NON SO NULLA DEL LAVORO CHE STO SVOLGENDO''

ACCORD PHOENIX: PM, ”STIPENDI DIRIGENTI SPROPORZIONATI”, ”GESTIONE IMPROVVISATA”

24 Maggio 2019 16:52

L'Aquila - Cronaca

L’AQUILA – Dalla dipendente che candidamente ammette “di non saper nulla del lavoro che stava svolgendo”, agli stipendi percepiti dai dirigenti “vistosamente sproporzionati rispetto alle professionalità dei medesimi”, per finire alle “assunzioni di soggetti vicini ai vertici aziendali o ai politici locali in ossequio alle logiche clientelari”. E la politica aquilana assente e muta.

E come aprire un vaso di Pandora, leggere le motivazioni del pubblico ministero David Mancini alla base dell’inchiesta della Procura dell’Aquila che ha portato al clamoroso sequestro preventivo di quasi 5 milioni di euro di fondi post-sisma, nei confronti della società aquilana Accord Phoenix Spa, operante dopo un avvio molto tormentato dal gennaio 2018, nel settore del trattamento e smaltimento dei rifiuti elettrici ed elettronici (Raee), nel Tecnopolo d’Abruzzo.

Indagati per indebita percezione di erogazioni pubbliche i vertici dello stabilimento: Ravi ShankarFrancesco Baldarelli ed infine Luigi Ademo Pezzoni, assistiti dall’avvocato Giulio Agnelli.

Un’inchiesta clamorosa, tanto più perché l’Accord Phoenix, è la principale realtà industriale a essersi insediata in città dopo il sisma del 2009, grazie ad un corposo incentivo pubblico di 11,5 milioni di euro a fondo perduto dei finanziamenti Cipe del “4 per cento” a fronte di 45 milioni di investimento.

L’operazione Accord è stata fortemente voluta, sin dal 2013, in primis dal sindaco dell’Aquila Massimo Cialente, dal vicepresidente della Regione con delega alle attività produttive Giovanni Lolli, e dalla parlamentare Stefania Pezzopane.

Azienda dove ora sono a rischio 55 dipendenti, che erano già molti meno di quelli che Accord si era impegnata ad assumere.

A tal proposito i sindacati hanno richiesto un incontro urgente con i vertici dell’azienda, ma il rischio è che davvero, sequestrata la prima tranche di finanziamenti, i 5 milioni, e bloccati di conseguenza i 6,5 milioni della seconda tranche che dovevano arrivare a giugno, sarà durissima andare avanti. E c’è chi parla di un trasferimento all’estero dell’azienda, e chi teme che saranno portati i libri in tribunale.

Restano in ogni caso le pesanti ombre su come questa attività imprenditoriale è stata condotta, a leggere i vari passaggi dell’ordinanza.





Secondo l’accusa, tanto per cominciare, nessuno dei soggetti appartenenti alla società e coinvolti a vario titolo “aveva la previste ed indispensabili alte professionalità nel settore del riciclo dei rifiuti elettronici e come l’intera organizzazione dell’impianto fosse approssimativa ed improvvisata”.

Hanno infatti attestato “falsamente di possedere i requisiti minimi di innovazione e di durevole capacità economica richiesti, avrebbero ottenuto il cospicuo finanziamento per il rilancio socio-economico dell’Aquila e dei Comuni del cratere dopo il sisma, traendo in inganno il Ministero (Mise) ed infine Invitalia Spa”.

Poi uno dei passaggi più clamorosi: “L’impegno all’assunzione prioritaria dei cassintegrati ex polo elettronico è stato disatteso: la maggior parte delle assunzioni ha interessato soggetti vicini ai vertici aziendali: in particolare i dirigenti assunti non avevano alcun legame lavorativo con aziende ex polo elettronico e nemmeno competenze professionali specifiche come la maggior parte degli operai specializzati tra i quali il nipote di Baldarelli”.

Spunta poi una donna, non è specificato se dirgente od operaia, che a più riprese, ha detto “di non sapere nulla del lavoro che stava svolgendo”.

Come riferisce il centro citando un altro passaggio dell’ordinanza, lo stesso Baldarelli ha palesato, in una telefonata, la sua inesperienza in ordine al trattamento dei rifiuti, essendosi occupato di altro.

In ogni caso, viene scritto nell’ordinanza,”gli stipendi percepiti dai dirigenti risultano vistosamente sproporzionati rispetto alle professionalità dei medesimi”.

Altre intercettazioni che proverrebbe, ma è tutto da dimostrare, l’improvvisazione nella gestione dell’azienda sono quelle in cui Baldarelli ammette che abbiamo fatto una cazzata. Non c’è stata una professionalità nella gestione delle autorizzazioni”.

E conferma un manager: “Le cose non si fanno così, questa è una cosa che non va fatta. Una vergogna stiamo facendo, poi se la vogliono fare la facessero”. “Se io fossi l’Arta -,aggiunge -, «l’autorizzazione ad Accord l’avrei già sospesa per due ragioni. Per le prescrizioni Asl, mancava il responsabile tecnico, e non era finita la pavimentazione”.

E infine “noi di questa attività legata alla sala monitor, non conosciamo niente. Non è possibile che ci sia un processo dove non ci siano fasi descrittive”.





Accord Phoenix, ha avviato le attività a febbraio 2018. Insediandosi nel centro industriale gestito dal Tecnopolo d’Abruzzo, in località boschetto di Pile a L’Aquila, che negli ultimi anni ha riportato attività e lavoro negli stabilimenti desertificati dalla crisi del polo elettronico.

Ma da subito pesanti dubbi, e relative polemiche politiche, sono state sollevate su un core business, quello di Accord, incentrato su un settore non più promettente come il riciclo del materiale elettronico, e anche sulle effettive capacità finanziarie dell’investitore anglo-indiano Ravi Shankar, ex ad di Accord, società per di più controllata per due terzi da Enertil Investments, che ha sede a Cipro, paese considerato, fino al marzo 2014, un paradiso fiscale.

Poi a dicembre 2016, un’altra doccia fredda: la Guardia di Finanza ha posto i sigilli all’area produttiva, in quanto nello stabilimento sarebbero stati stoccati rifiuti pericolosi e non, per complessivi 105 mila chilogrammi di scarti di materiale elettronico, monitor in particolare, seppure non fossero state istruite le dovute autorizzazione.

Shankar a seguito dell’azione giudiziaria che ne è seguita, dopo aver patteggiato tre mesi, è uscito dunque di scena nella primavera del 2017, dimettendosi da presidente. Resta, comunque, azionista di maggioranza.

Nonostante tutto, Accord ha tenuto duro, ha respinto tutte le accuse, ha effettuato i lavori di adeguamento del sito produttivo, e guidata da Giuseppe Carrella, ex amministratore Telecom e Ferrovie dello Stato, poi sostituito dal manager Francesco Baldarelli ha inaugurato lo stabilimento a febbraio 2018, con taglio del nastro affidato al sindaco di Fratelli d’Italia Pierluigi Biondi.

Ma l’azienda non è decollata, registrando un passivo pari a circa 3 milioni e 263 mila euro, iscritti nel bilancio del 2017, e solo 49 gli addetti assunti al 30 settembre 2018. Molti meno delle 90 assunzioni che erano state garantite al Comune dell’Aquila come condizione per la cessione dello stabilimento ex Flextronics avvenuta nel febbraio 2016.

A metà marzo poi la Neon Appalti, concessionaria dello spazio pubblico, dove c’era la sede dell’ex polo elettrico aquilano, dopo aver avvisato con una nota ufficiale l’impresa, ha staccato l’energia elettrica con la motivazione che la Accord non ha pagato servizi legati all’housing e all’energia elettrica.

I vertici di Accord Phoenix hanno preso posizione stigmatizzando la decisione, in una conferenza stampa di fuoco. Ad inizio maggio si è poi diffusa la notizia di una possibile vendita della Accord Phoenix, che grande preoccupazione ha destato tra i sindacati.

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