A UN ANNO DALLA TRAGEDIA DEL RESORT, LA STORIA DRAMMATICA DEI FRATELLI DI CARLO CHE SOLO GRAZIE ALLA LORO FORZA SI STANNO RISOLLEVANDO

”IO, ORFANO DI RIGOPIANO E INDEBITATO NESSUNO MI HA OFFERTO UN SOSTEGNO”

di Marco Signori

18 Gennaio 2018 07:00

Pescara - Cronaca

LORETO – “Mi sono ritrovato orfano e indebitato, con due fratelli minorenni, nessuno mi ha chiesto se avessi bisogno di una mano”.

Le parole di Riccardo Di Carlo tolgono il fiato.

Di quello che è successo il 18 gennaio 2017, quando una valanga ha distrutto l'hotel Rigopiano di Farindola (Pescara) uccidendo 29 persone tra cui il papà Sebastiano e la mamma Nadia Acconciamessa, non una parola. “Odio parlarne”. E come non comprenderlo.

Proprio per essersi ritrovato da solo, catapultato in un mondo che, soprattutto una volta lontano dai riflettori, è più difficile di come appare, quella di riaprire la pizzeria che il padre gestiva in via Veneto a Loreto Aprutino (Pescara) dal 19 dicembre 2012 è stata una scelta obbligata.

“Siamo stati costretti, non avendo alcun aiuto”, racconta ad AbruzzoWeb, “nessuna istituzione si è accertata della nostra condizione, ci hanno abbandonato tutti”.





“Ancora non attivo la pensione di reversibilità, ma il totale che mi spetterebbe è di 80 euro al mese, sarebbe stata l'unica entrata se non avessi riaperto la pizzeria”, dice in un misto tra rabbia e rassegnazione, ma con una buona dose di determinazione.

La stessa che ora insieme al fratello Piergiovanni lo porterà a raddoppiare lo sforzo, perché pochi mesi prima di Rigopiano, il papà aveva aperto una seconda pizzeria a Penne (Pescara), per la quale ancora non era riuscito a rientrare dalle spese sostenute.

“Da gennaio a dicembre ho dovuto pagare 9 mila euro di affitto per stare chiuso, e più di tremila di bollette, visto che le utenze sono rimaste tutte attive – dice – Purtroppo ho dovuto aspettare a riaprire anche per questioni burocratiche legate alla successione”.

La pizzeria di Penne, che porta lo stesso nome di quella di Loreto, via Veneto, nei pressi di Porta San Francesco, è rimasta allestita, compresi i forni su misura, e riaprirà i battenti domani, venerdì 19 gennaio.

“Papà aprì a Loreto il 19 dicembre del 2012, giorno del suo compleanno e stesso giorno in cui noi abbiamo riaperto, in cui avrebbe compiuto cinquant'anni – ricorda Riccardo – La seconda pizzeria, a Penne, il 26 giugno 2016”.





La passione per il pallone tiene invece lontano dalle due attività il fratellino Edoardo, uscito miracolosamente illeso dal crollo del resort. “Se lo recluteremo? Non so cosà vorrà fare, ma gli piace giocare a calcio. Vive con mia zia, è forte e spigliato”.

Sia Riccardo che Piergiovanni continuano a dividersi tra il lavoro e lo studio.

Il più grande segue l'attività commerciale a distanza, da Milano, da dove torna in Abruzzo ogni due settimane. Ed è lassù al Nord che ha trovato la sensibilità che non gli ha riservato la sua terra. “Il rettore della Iulm mi ha dato un alloggio nella casa dello studente ed esonerato dalle tasse, altrimenti l'università me la sognavo la notte”, dice. “È umiliante chiedere, tutti parlano di Rigopiano ma di concreto nessuno ha fatto nulla”.

A Piergiovanni, al quinto anno dei Geometri al “Marconi” di Penne, lo aspettano invece gli esami di maturità. “Ma anche lui vuole fare l'università”.

“L'attività fortunatamente va bene, facciamo pizzette piccole da asporto, del diametro di 16 centimetri – racconta Riccardo – ora che ripartiamo anche a Penne saremo sommersi di lavoro. Abbiamo appreso il mestiere da papà, visto che da quando aprì nel 2012 siamo stati tutti i giorni ficcati in pizzeria ad aiutarlo. Purtroppo, ora, per noi restano solo gli spiccioli, perché prima eravamo io, mamma, papà, mio fratello e un dipendente, ora abbiamo dovuto assumere cinque persone”.

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