LA STORIA DI UNA COPPIA LESBO AQUILANA, IN ATTESA DELLA LEGGE CIRINNA'

”IO MAMMA GAY: LA SOCIETA’ MI ACCETTA, MA NON HO DIRITTI, SOLO TASSE PIU’ ALTE”

di Barbara Bologna

15 Novembre 2015 08:28

Regione -

L’AQUILA – Sara e Anna, nomi di fantasia per tutelare la loro privacy, sono due donne lesbiche, che vivono insieme in una piccola realtà della provincia dell'Aquila, e da sette mesi hanno una figlia.

Sara e Anna hanno scelto di parlare con AbruzzoWeb e raccontare una storia di grande serenità, dove al di là delle leggi, la realtà corre e va oltre, mostrandone spesso, ma in questo caso, potentemente, l’inadeguatezza delle critiche.

Le legge a firma Cirinnà per le unioni tra omosessuali spacca la maggioranza al Governo del Paese, l’Europa bacchetta l’Italia che è in ritardo nel riconoscere i diritti delle coppie di omosessuali.

La discussione porta con sé il problema dei bambini che già esistono all’interno delle coppie omosessuali, e la possibilità che il genitore non biologico adotti il figlio o la figlia del compagno/a, la cosiddetta stepchild adoption.

“Ho in braccio mia figlia, la guardo, stiamo così bene insieme, la amo profondamente e quando sento le notizie sulla legge mi chiedo, di che parlano? Che dicono? Ci sono 100 mila bambini in tutta Italia che aspettano i loro diritti”.

A parlare è Sara, che vive con serenità e gioia la sua quotidianità, fatta di scelte semplici, di amore.

Come quella che l’ha portata, dopo 3 anni di relazione con la sua compagna Anna, a decidere di avere una bambina. Legalmente è Anna la madre della bimba, è lei che biologicamente ha fatto l’inseminazione artificiale per avere una figlia con Sara.

“Conoscevamo una coppia omosessuale che aveva fatto lo stesso- racconta Sara – e come loro siamo andati a Bruxelles. Tanti vanno in Olanda, in Spagna o a Copenaghen. Parliamo sia di coppie omo che etero. In modo molto naturale ci hanno spiegato tutto, e abbiamo fatto questa scelta”.

Sara racconta che il costo dell’inseminazione è 700 euro cui si aggiungono i viaggi, e che chi fa l’inseminazione a Bruxelles, a differenza di altri Paesi d’Europa, non potrà mai sapere l’identità del donatore.





“Per noi andava bene così. Il medico che se ne è occupato ha studiato le nostre caratteristiche, mie e di Anna, i nostri colori, e sulla base di questo, e del gruppo sanguigno, ha indicato il seme, che poi ha permesso la nascita della nostra bambina”, prosegue.

Sara, 41 anni, è un’insegnate di scuola superiore, Anna, invece, 40, è un’infermiera, la loro piccola è nata a marzo scorso.

“Per capire il senso di quello che abbiamo fatto voglio riferire le parole di una dottoressa olandese che si occupa di eterologa da anni – prosegue – la donazione è come quella del sangue, un gesto di profondo altruismo in cui si dona qualcosa di prezioso per una vita. Ed è esattamente questo. Non ho mai pensato si trattasse di un gesto egoistico, ma semmai di una propagazione di amore”.

Spiega che “alla nostra bambina racconteremo tutto subito, come fanno tutte le famiglie arcobaleno (famiglie di genitori dello stesso sesso, ndr) ovvero che le mamme l’hanno cercata con amore, non avevano il semino, e un donatore generoso lo ha concesso perché lei nascesse. Con grande naturalità”, assicura.

Sara e Anna vivono in una piccola realtà, ma la risposta della loro comunità è stata estremamente positiva, anzi, Sara dice “meravigliosa”.

“La società è assolutamente pronta – motiva – anche chi si sente in difficoltà di fronte a questa realtà, quando vede l’amore e i bambini che ne sono frutto, cambia idea piano piano. All’inizio in alcuni casi c’è stato imbarazzo, ma poi tutti ci hanno fatto i complimenti, si sono stupiti e hanno espresso grande partecipazione, ci hanno abbracciato”.

“Un vicina di casa è venuta è ha detto ‘io sono un po’ contraria ma la bimba è bellissima, dobbiamo mettere il fiocco rosa”, svela.

Il problema è che Sara, per la piccola, non è nessuno di fronte alla legge.

“Se accadesse qualcosa io non potrei fare nulla per lei e nessuno mi riconoscerebbe la possibilità di fare nulla – fa notare – Per questo, come tutte le altre coppie, ci stiamo organizzando. Sia io che Anna faremo testamento a favore dell’altra e di nostra figlia, e Anna tramite avvocato mi nominerà tutrice di nostra figlia in caso di necessità. Facciamo salti mortali e giri complicati per fare quello che una legge adeguata potrebbe darci come diritti”. E Sara per la nascita della piccola ha chiesto le ferie, non la maternità.





E la paura? Paura che la bambina un giorno senta la mancanza di un padre?

“Nessuna, se non quelle che ci vengono dall’esterno. Da condizionamenti, perché in fondo nostra figlia ha innumerevoli figure maschili, gli zii, due nonni – rileva – come si faceva nelle famiglie allargate di un tempo, e in più ha due mamme che l’adorano”.

Sara, insomma, non ha paura perché la paura l’ha vinta quando a 35 anni ha scoperto se stessa, quella donna che amava le donne, che tutti intorno a lei già conoscevano, tranne lei.

“Per anni ho negato a me stessa la mia omosessualità, già a 5 anni mi piacevano le donne, ma mi dicevo che era impossibile, figurarsi negli anni ’70 in una piccola realtà di provincia – ricorda – Ho avuto relazioni con uomini, ma dal punto di vista emotivo non mi trovavo. Mio fratello mi diceva ‘Sore’, lo sai che sei lesbica?’ io cadevo dalla nuvole, e dicevo ‘ma che dici, sei matto’”.

Poi, prosegue nel racconto, “un incontro con una donna, anche lei omosessuale, che mi ha detto ‘non avere paura, è una cosa normalissima’ ho capito che non ero sola, e che quindi era possibile. E poi l’incontro con Anna – afferma – Per anni, spiego sempre a tutti, sono stata su un cornicione con la paura di buttarmi giù, quando mi sono buttata però, sotto non ho trovato il baratro, ma pochi centimetri, e non c’è stato dolore”.

“Quando ho finalmente scoperto di essere me stessa, ho vissuto per un po’ di nascosto, poi non ce la facevo più e l’ho detto a tutti, ma tutti già lo sapevano. E ora i miei nipoti sanno che ho una fidanzata, e i miei fratelli che hanno una cognata. Ed è tutto semplice, naturale”, sostiene.

Sulla legge c’è un cauto ottimismo: “Sì, qualcosa si farà, ma per ora sembra una presa in giro con un continuo rinvio. Noi vogliamo tutto quello che hanno gli altri: diritti e doveri. L’Italia socialmente è prontissima. Non si tratta di essere d’accordo. La realtà delle coppie omosessuali e dei loro figli esiste, e non si può fare altro che accettarla”, evidenzia.

“Anna è venuta a vivere da me ed è entrata nel mio stato di famiglia, così a me è aumentata la tassa sui rifiuti, ma oltre le tasse nulla, diritti in più non ne abbiamo acquisiti – l’accusa – Noi non vorremmo sposarci in modo tradizionale, non siamo cattoliche, anche se non abbiamo nulla contro il matrimonio, ma vorremmo un’unione civile che ci tuteli come coppia, come genitori, e soprattutto tuteli il futuro della nostra piccola e la stepchild adoption è ciò che ci aspettiamo”.

“Se le nostre nonne di 82 anni ci considerano un coppia e pensano che siamo entrambe mamme della nostra bimba, dovrebbero riuscirci anche tutti gli altri”, conclude.

Commenti da Facebook

RIPRODUZIONE RISERVATA
Download in PDF©


    Ti potrebbe interessare:

    ARTICOLI PIÙ VISTI: