ESPLOSIONE AL PORTO, ECATOMBE A BEIRUT: ALMENO 100 MORTI E 100 DISPERSI

5 Agosto 2020 09:42

Mondo - Abruzzo

ROMA – E' salito a più di 100 morti, oltre 4 mila feriti e un centinaio di dispersi il bilancio della doppia devastante esplosione di ieri nei pressi del porto di Beirut.

Per il presidente Usa, Donald Trump, le esplosioni sono state causate da una bomba.

Una tesi che è stata però contraddetta da tre fonti anonime della Difesa Usa citate dalla Cnn, secondo le quali non ci sono indicazioni di attacchi.

Le stesse autorità libanesi, che hanno invitato chi può a lasciare la città a causa dell'aria tossica, hanno al momento ammesso che le deflagrazioni sono avvenute in un deposito nei pressi del porto, dov'erano custodite 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio, confiscate anni fa a contrabbandieri.





Una sostanza pericolosissima che è deflagrata forse per le scintille sprigionatesi durante un'operazione di saldatura nel magazzino.

“Stiamo assistendo ad un'enorme catastrofe”, ha detto il capo della Croce Rossa libanese George Kettani ai media locali. “Ci sono vittime e vittime ovunque. Oltre 100 persone hanno perso la vita. Le nostre squadre stanno ancora conducendo operazioni di ricerca e salvataggio nelle aree circostanti”, ha spiegato, mentre il governatore della capitale libanese, Marwan Abboud, ha confermato che i dispersi sono più di 100. Una nave della task force marittima Unifil attraccata nel porto è stata danneggiata e alcuni soldati delle forze di pace navali sono rimasti feriti, alcuni dei quali gravemente.

“L'Unifil sta trasportando i peacekeeper feriti negli ospedali più vicini per cure mediche”, si legge in una nota. La Difesa ha confermato che un militare italiano rimasto ferito sta bene. è stato lui stesso ad informare i familiari. L'effetto delle esplosioni è stato apocalittico: un boato udito fino a Nicosia, sull'isola di Cipro, distante più di 240 chilometri, un urto pari a quello di un terremoto di magnitudo 4,5.

La capitale del Libano è piombata nel sangue, nel caos, nella disperazione, in un incubo che il governatore, Marwan Abboud ha sintetizzato cosi': “Sembra quello che è successo a Hiroshima e Nagasaki”. Le scene sono di spaventosa devastazione: moltissimi gli edifici danneggiati seriamente nel raggio di chilometri. Tra questi anche il palazzo presidenziale e diverse ambasciate. Indenne la rappresentanza diplomatica italiana. Nella città è stato proclamato lo stato d'emergenza per due settimane.





La Farnesina sta monitorando l'eventuale coinvolgimento di altri italiani, che al momento non risulta.

Gli ospedali di Beirut sono entrati immediatamente in crisi, investiti dall'ondata immane di feriti. In uno solo di questi, l'Hotel Dieu, sono giunte 500 persone bisognose di cure urgenti. Si sono moltiplicati gli appelli alla donazione di sangue e al rientro immediato in servizio di tutti i medici e infermieri. Il presidente, Michel Aoun, ha convocato il Consiglio supremo di difesa, e ha definito “inaccettabile” il fatto che 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio siano rimaste immagazzinate per sei anni nel porto di Beirut senza misure di sicurezza. Il premier, Hassan Diab, ha assicurato che tutti i responsabili di “questa catastrofe”, saranno “chiamati a risponderne”. Si indagherà, certo. E intanto fonti israeliane suggeriscono che quel magazzino venisse utilizzato da Hezbollah.

Da parte sua, il movimento libanese sciita ha affermato stamattina che tutti i poteri politici del Paese devono superare la “dolorosa catastrofe” e unirsi. Diab ha chiesto sostegno alle nazioni amiche, e tra i primi a rispondere è stato il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che ha promesso il sostegno dell'Italia. Anche Israele ha offerto aiuti umanitari e l'Ue si è detta pronta a fornire assistenza, cosi' come Germania e Francia.

Il Libano, devastato da una profonda crisi economica, è alle prese con un ritorno dei contagi da coronavirus, che hanno indotto il governo a reintrodurre misure restrittive. Venerdi' inoltre è attesa la sentenza del Tribunale speciale per il Libano (Tsl), con sede all'Aja, sull'omicidio dell'ex premier Rafiq Hariri, ucciso il 14 febbraio del 2005 con altre 21 persone.

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